Qual è il filo conduttore dell’arte di Scaldati?
“L’arte del sogno. Ho sempre considerato il teatro una terra di confine, un limen, nel quale la realtà può trovare non tanto una via di fuga, quanto un’amplificazione, una cassa di risonanza. Proprio come avviene nel sogno, che è il distillato della realtà, la fucina dei desideri e delle verità inconfessate, la zona liminale dove il tempo si arresta e l’uomo, sospendendo il proprio giudizio, può finalmente “essere”. Da alcuni anni ho concentrato il mio lavoro di scrittura e di teatro intorno ad un laboratorio nel quartiere Albergheria di Palermo. La dimensione del laboratorio mi sembra più congeniale alla ricerca e alla pratica di questo teatro di confine, che cerca anche un diverso rapporto col pubblico. A Gibellina, attraverso la riproposta di un’opera importante del mio repertorio e di altre esperienze rappresentative del mio attuale percorso teatrale, vorrei aprire le porte di questo grande laboratorio del sogno. E siccome vorrei sollecitare anche una ricognizione sulle realtà teatrali che, operando ai margini della scena ufficiale, contribuiscono a promuovere le più significative, ancorché trascurate, voci della nostra più autentica cultura, ho chiesto ad alcuni artisti siciliani di partecipare a questa officina di lavoro”.