Le adesioni di Giani, Mazzeo, Nardella e mondo politico. Diretta sui canali social FNSI
Giornalisti in piazza, a Firenze, il 1 giugno per informazione e lavoro.
Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale e Dario Nardella, sindaco di Firenze, sono stati fra i primi ad aderire alla manifestazione dei giornalisti che scenderanno in piazza, a Firenze, martedì 1 giugno 2021, alle 11, in via Cavour, davanti alla Prefetture di Firenze e al Palazzo del Pegaso.
L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul profondo stato di difficoltà in cui si trova, in Italia, il sistema dell’informazione, vittima di leggi superate e di una crisi economica senza precedenti nell’editoria. La manifestazione, organizzata a livello nazionale dalla FNSI e in Toscana dall’Associazione Stampa e dal Consiglio regionale dell’Ordine, si terrà contemporaneamente negli altri capoluoghi di regione italiani.
Oltre a Giani, Mazzeo e Nardella, hanno aderito in maniera convinta Vincenzo Ceccarelli, capogruppo del Pd nel Consiglio regionale della Toscana; Francesco Torselli con tutto il gruppo consiliare regionale di Fratelli d’Italia; Marco Stella, capogruppo di Forza Italia; Irene Galletti, capogruppo regionale Movimento 5 Stelle e Maurizio Sguanci di Italia Viva, sempre del consiglio regionale. Adesione e sostegno anche da Cristina Giachi, presidente della commissione cultura del Consiglio regionale.
Sarà, quella del primo giugno, una protesta di grande significato: un grido d’allarme che non potrà non essere raccolto, considerato lo stato di gravissima difficoltà nel quale si trovano, in Italia, l’informazione e i suoi protagonisti indispensabili, ossia i giornalisti: posti di lavoro cancellati in misura sempre maggiore, testate storiche – in Toscana Nazione e Tirreno – in difficoltà anche per l’uso ormai abituale degli ammortizzatori sociali con conseguenti, pesanti tagli alle buste paga. E precariato dilagante, con giornalisti costretti a collaborare per pochi euro a pezzo anche se ormai parti integranti delle redazioni, dove sono stabilmente impiegati, senza adeguato contratto, nei giri di nera, giudiziaria, politica, sanità, cultura, moda e sport. Naturalmente occorre difendere previdenza e welfare, attraverso l’Inpgi e trovare una soluzione al problema degli esodati. Occorre insistere per un intervento del Parlamento per mettere al bando le querele bavaglio e tanti altri fenomeni che minano la libertà d’informazione.
Oggi, con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, i giornalisti hanno un’occasione unica per rilanciare il settore e progettarne il futuro. L’informazione, pilastro della democrazia di ogni paese, non può venire esclusa dalle risorse del Piano.
I giornalisti che saranno in piazza (e in diretta social sui canali della FNSI, dove la piazza di Firenze sarà raccontata e commentata da Chiara Brilli, consigliere nazionale Fnsi e componente del direttivo Ast) chiedono al Governo un impegno serio per risolvere problemi che si trascinano da decenni.
Le priorità saranno scritte, nero su bianco, su un documento che verrà distribuito durante la manifestazione e consegnato al prefetto di Firenze, Alessandra Guidi, dal presidente dell’Ast, Sandro Bennucci e dal presidente del Consiglio dell’Ordine della Toscana, Carlo Bartoli.
A seguire i documenti di adesione inviati a Assostampa e Odg Toscana:
Intervento di Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale
Caro Sandro, caro Carlo,
vi scrivo queste poche righe per aderire a nome mio personale e di tutto il Consiglio regionale all’iniziativa a difesa della libertà di stampa promossa dal sindacato nazionale dei giornalisti, Fnsi, dal sindacato regionale della Toscana (Associazione Stampa Toscana) e dal Consiglio dell’Ordine.
Ringraziandovi per l’invito, devo purtroppo dirvi che purtroppo il 1 giugno sarà fuori Firenze per partecipare a un impegno istituzionale che mi ero preso già tempo prima e che non potevo rinviare, ma con questa mia lettera voglio significare la mia vicinanza e solidarietà alla vostra lotta.
Perché credo che, proprio in questi giorni in cui stiamo celebrando la nascita della Repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente che scrisse la nostra Costituzione, la libertà delle giornaliste e dei giornalisti sia la migliore garanzia della tenuta democratica di qualsiasi Stato.
E che tutelarla e garantirla significhi tutelare la libertà di tutti quanti e garantire le nostre istituzioni democratiche. Ma non può esservi libertà laddove un giornalista è ricattabile dal punto di vista salariale e occupazionale.
Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica Italiana e il primo ad essere eletto dal Parlamento nel maggio del 1948, lo spiegava perfettamente: “Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare” scriveva. Cioè uno dei principi fondamentali della democrazia è che con la conoscenza si determina la consapevolezza della propria scelta. Ma se non conosciamo o se siamo vittime di disinformazione quanta consapevolezza potremmo avere per poter poi scegliere veramente in modo libero? Ecco dunque che il ruolo dei giornalisti diventa un tassello necessario alla democrazia perché le persone che vogliono eleggere i propri rappresentanti devono essere messe in condizione di sapere e di conoscere. E questa possibilità è garantita dai giornalisti, dalla loro libertà e dalla loro capacità di raccontare, come prevede il loro codice deontologico, “la verità sostanziale dei fatti”.
Non a caso uno dei diritti fondamentali della nostra Repubblica, sancito dell’articolo 21 della Costituzione, è proprio quello di informazione sia come diritto a esprimere liberamente il proprio pensiero, sia come diritto della stampa (oggi si scriverebbe mass-media) a non subire censure né a essere soggetta ad autorizzazioni, se non nei casi previsti dalla legge e solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria.
Per tutte queste ragioni, seppur non fisicamente, il 1 giugno sarò al vostro fianco e al fianco di tutte le giornaliste e i giornalisti che scenderanno nelle piazze italiane. Convinto che il diritto-dovere di informare sia un bene prezioso da difendere tutti insieme.
Antonio Mazzeo,
presidente del Consiglio regionale della Toscana
Le proposte dei giornalisti precari
Un numeroso gruppo di giornalisti precari, impegnati quotidianamente nelle redazioni e nei vari servizi indispensabili per confezionare giornali e notiziari, ha scritto una lettera di proposte che l’Associazione Stampa Toscana e la Commissione lavoro autonomo s’impegnano a portare ai prossimi tavoli nazionali di trattativa con il governo e gli editori. Ma è giusto, intanto, rendere pubblici stato d’animo e aspettative di giornalisti che hanno diritto a un contratto vero, al posto dell’ormai inaccettabile co.co.co.
“Contrastare il precariato nell’editoria per garantire la democrazia del Paese e risanare le casse dell’Inpgi1. Stabilizzazione i giornalisti precari che da anni provvedono alla fattura quotidiana dei giornali, trasformando i contratti di collaborazione coordinata e continuativa in articoli 1, 2 e 12. Ecco le nostre proposte al tavolo sull’Inpgi con il ministero del lavoro e ministero dell’Economia.
Quella del giornalista è una professione delicata e strategica per la democrazia di un Paese. Necessita di spalla larghe e schiena dritta, necessita di deontologia e di etica, necessita di sensibilità e attenzione grande. Non è un lavoro che si fa con l’orologio in mano, non è un lavoro che conosce le feste però questo non vuol dire che debba trasformare i giornalisti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (i cosiddetti Co.Co.Co) in schiavi senza diritti. Il precariato dovrebbe essere solo la fase iniziale della carriera giornalistica. In realtà, le redazioni sono spesso composte per lo più da co.co.co. che vanno a caccia di notizie e scrivono da dieci, quindici anni con la promessa di ottenere prima o poi l’assunzione.
I co.co.co. lavorano con retribuzioni poco dignitose (mediamente 1.000 euro per 50 articoli al mese spesso con taglio del compenso in caso di mancata pubblicazione di un solo pezzo, nella peggiore delle ipotesi la remunerazione è a pezzo) senza tutela di una degna previdenza, di diritto alla salute, di ferie, di scatti di anzianità, di prospettiva di crescita. Un’intera generazione di giornalisti – 40-50 anni – regolarmente iscritti all’Ordine, spesso da professionisti, non riesce ad avere riconoscimenti commisurati al proprio lavoro.
I co.co.co. non collaborano occasionalmente alla fattura del giornale, ma sono strutturati: seguono settori, scrivono tutti i giorni, hanno rubrica, hanno rapporti dirette con le fonti, si muovono per conto del giornale. I co.co.co. sono di fatto referenti della testata e nonostante ciò sono remunerati a cottimo, in barba alla legge che lo vieta esplicitamente, e privati delle tutele più elementari. È necessaria una nuova politica del lavoro, che non si fermi alla salvaguardia dei diritti quesiti degli articoli 1, ma tuteli le condizioni di lavoro dei precari. Occorre un nuovo patto sociale che ridisegni questi rapporti tutti a rischio vertenza. Anche per rimpinguare le casse dell’Inpgi1, occorre trasformare i contratti di Cococo, in articolo 1, articolo 2 e articolo 12. A chi provvede alla fattura dei giornali deve essere riconosciuto il diritto a una retribuzione dignitosa, al riposo, alla malattia e alle ferie, come prevede la Costituzione. Bisogna garantire quelle posizioni che da troppi anni, anche più di dieci, hanno lavorato senza aver maturato nulla. La generazione più a rischio dei giornalisti Cococo è quella dei 40-50 enni, troppo anziani per avere l’appeal dei nativi digitali e troppo giovani per andare in pensione.
La pandemia ha dimostrato come si lavori da “articolo 1” anche da casa, in smart working. Questo è un dato da non sottovalutare nella battaglia di perequazione dei tanti giornalisti precari che quotidianamente, da anni, creano le pagine dei quotidiani. I co.co.co. sono soggetti contrattualmente deboli: è lontano dalla realtà chi propone che possano adire le vie giudiziarie per ottenere il riconoscimento di diritti più elementari. Nel frattempo, chi paga l’affitto o il mutuo? L’esperimento di un’azione civile deve essere l’estrema ratio. Vogliamo un accordo con editori anche invogliati da soldi che possono arrivare da questo Recovery, per ridare dignità ai giornalisti. Non siamo per l’abolizione del co.co.co senza distinzioni. Il co.co.co può garantire un trattamento dignitoso a chi veramente ha una collaborazione continuativa ma non impegnativa (fornendo per esempio 4 pezzi al mese a un quotidiano). Non possiamo più accettare da donne e uomini, che stanno anche invecchiando, questa deriva di sfruttamento in un lavoro così impegnativo. In gioco ci sono le vite di tante persone oneste, ma anche quella della democrazia. Le nostre sono posizioni sostanziali da tutelare non sono vezzi o capricci.