Anfiteatro Fonte Mazzola di Peccioli
Prima Nazionale
Fondazione Teatro della Toscana
Lorenzo Gioielli e Greta Bendinelli
TUTTO L’AMORE DI CUI SIAMO CAPACI
di Michele Santeramo
scene e costumi Carlo De Marino
regia Lorenzo Gioielli
venerdì 30 luglio, ore 21.30, Anfiteatro Fonte Mazzola di Peccioli
Fondazione Teatro della Toscana, L’Oltrarno – Scuola di formazione del mestiere dell’attore
Lorenzo Antolini, Greta Bendinelli, Marco Bossi, Antonio Cocuzza, Jacopo Dragonetti, Arianna Maria Garcea, Giacomo Gava, Yeda Kim, Nadia Najim, Viola Picchi Marchi, Federico Poggetti, Francesco Providenti, Maria Giulia Toscano
LA DONNA VOLUBILE
di Carlo Goldoni
scene Carlo De Marino
direttrice di scena Federica Elisa Francolini
costumi e maschere Elena Bianchini
assistente costumi e maschere Eleonora Sgherri
sarte Silvia Anderson, Anna Catalina Rodriguez
costruzione, macchineria Duccio Bonechi, Sandro Lo Bue, Francesco Pangaro
luci Filippo Manzini
fonico Lorenzo Bernini
gioielli realizzati da Paolo Penko Bottega Orafa
voice training Susan Main
movement training Sinead O’Keeffe
regia Marco Giorgetti
aiuto regia Raffaello Gaggio
La Lingua Italiana, i Giovani, la Nuova drammaturgia e i Classici: la Fondazione Teatro della Toscana propone a 11Lune a Peccioli due produzioni che affrontano un dialogo tra presente e passato, per comprendere meglio le nostre radici e poter lavorare sul futuro.
Venerdì 23 luglio, ore 21:30, all’Anfiteatro Fonte Mazzola, è in programma la prima nazionale di Tutto l’amore di cui siamo capaci di Michele Santeramo, con Lorenzo Gioielli e Greta Bendinelli, scene e costumi di Carlo De Marino, regia dello stesso Gioielli.
Venerdì 30 luglio, ore 21:30, sempre al Fonte Mazzola, a chiusura di 11Lune, Marco Giorgetti dirige i giovani de l’Oltrarno ovvero Lorenzo Antolini, Greta Bendinelli, Marco Bossi, Antonio Cocuzza, Jacopo Dragonetti, Arianna Maria Garcea, Giacomo Gava, Yeda Kim, Nadia Najim, Viola Picchi Marchi, Federico Poggetti, Francesco Providenti, Maria Giulia Toscano, ne La donna volubile di Carlo Goldoni, in coproduzione proprio con l’Oltrarno – Scuola di formazione del mestiere dell’attore diretta da Pierfrancesco Favino. Scene di Carlo De Marino, costumi e maschere di Elena Bianchini.
L’ingresso a entrambi gli spettacoli è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.
Note di regia di Lorenzo Gioielli
Tutto l’amore di cui siamo capaci. Attraversare il nostro e l’altrui dolore con tutto l’amore di cui siamo capaci. Non tutto l’amore che si deve provare, ma tutto l’amore che è possibile provare, che ci è possibile. L’amore di cui neppure noi siamo consapevoli. Crediamo di averne a disposizione una quantità e una qualità inferiori a quelle che servirebbero o superiori a quelle che le persone oggetto del nostro amore meritano. Non ci interroghiamo, lealmente, sull’amore di cui siamo capaci, senza considerare se è molto o poco, se è troppo o insufficiente.
Siamo talmente feriti, addolorati, straziati da quello che abbiamo fatto e subito, non necessariamente in quest’ordine, che non comprendiamo mai quello di cui siamo capaci. Solo capaci.
Marco e Anna sono assassini e vittime. Mi sono riconosciuto in loro e li ho odiati, li ho chiamati ad alzare la testa, ad accorgersi di quello che stavano sbagliando, ho chiesto loro di trovare le parole giuste per parlare all’altra, all’altro, li ho implorati di ascoltarsi, di evitare gli errori, che erano i miei, i nostri, che seduto a leggere sono tanto facilmente evitabili, ma non in piedi, l’uno davanti all’altra, non abbracciati, non per mano, non occhi negli occhi, non quando si è vivi e si ha paura e desiderio e si vuol essere felici, o si vuol solo avere un tempo di pace, un tempo in cui il dolore non scompare, ma è in fondo al mondo e la solitudine, con quell’uomo, con quella donna, è solo una parola a cui penseremo. Dopo.
La somma dei frammenti delle loro esistenze forma un’interezza più grande, più vasta, che solleva domande, non da risposte.
Marco è un uomo con tanti, troppi errori alle spalle. Continua a sbagliare. Anche con Anna, che di errore ne ha commesso uno solo, ma gravissimo. Vogliono solo sperare, infinito presente.
Note di regia di Marco Giorgetti
«Il teatro è come l’essere umano. Ecco perché il teatro è così grande: perché è il simbolo dell’uomo». In queste parole di Giorgio Strehler sta tutto il senso di una scelta e di un lavoro che ci porta finalmente a ritrovare il nostro pubblico, a rinnovare il grande rito vivente del Teatro potendo finalmente esprimere appieno la nostra vocazione di Teatro della Lingua Italiana, tutto orientato ai Giovani e all’Europa, che lavora fuori da ogni logica produttiva canonica secondo un modello di costante e totale scambio fra giovani e maestri.
Una Compagnia di giovani attori, magnificamente formati alla Scuola l’Oltrarno diretta da Pierfrancesco Favino, grazie alla qualità del lavoro dei suoi insegnanti, come Susan Main (vicedirettrice e responsabile sezione voce) e Sinead O’Keeffe (responsabile sezione movimento). Uno staff di giovani tecnici, artisti, organizzatori, che non hanno mai smesso di lavorare con dedizione per arrivare al momento della riapertura.
Un grande autore italiano, Carlo Goldoni, che non è solo il più grande di sempre, ma è anche colui che ha voluto e avviato la Riforma del Teatro, che ha combattuto per far nascere un ‘Nuovo Teatro’ in un momento in cui un mondo finiva, proprio come adesso accade a noi e al nostro tempo, e non si sapeva, come oggi noi non sappiamo, come sarebbe stato il dopo: il dopo-crisi, il dopo-pandemia, il dopo-tutto.
Dall’unione di questi semplici elementi nasce La donna volubile, testo mai realizzato dopo la prima rappresentazione di 270 anni fa nel 1751, forse perché ritenuto troppo effimero o leggero, una commedia fatta di niente eppure di tutto, come la vita, un’eternità in un attimo, con al centro il tema della Donna, della sua consapevolezza di crescita in una società dissoluta e spietata, e con uno studio irresistibile di caratteri umani, viventi, flessibili, che non hanno niente dell’immobilità e del convenzionalismo delle maschere o dei tipi della Commedia dell’Arte.