Pensioni, proposta Inps per uscire a 63 anni. Anief la ritiene impraticabile: decurta troppo l’assegno e non prevede deroghe per docenti e Ata
Anche l’Istituto nazionale di previdenza sociale, attraverso il suo presidente Pasquale Tridico, sostiene che è possibile lasciare il lavoro a 63-64 anni. Solo che la proposta, alternativa a Quota 100, prevede una riduzione non trascurabile dell’assegno perché prevede l’accesso al pensionamento della sola parte contributiva. La proposta è stata presentata dello stesso Tridico davanti alla Commissione Lavoro della Camera: bisogna aver compiuto almeno 63-64 anni di età, tetto comunque suscettibile di adeguamento alla speranza di vita; essere in possesso di almeno 20 anni di contribuzione; aver maturato al momento della scelta una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Una ipotesi che a detta dello stesso presidente Inps sarebbe “pienamente sostenibile” perché non comporta nel medio periodo sostanzialmente nessun aggravio sulle Casse dello Stato. Intanto, sulla questione da parte di Governo e Parlamento continua il silenzio assordante.
Il problema, ribatte l’Anief, è che l’ipotesi non è sostenibile per i lavoratori. Ad iniziare da quelli della scuola. “Decurtare l’assegno pensionistico in modo pesante – sostiene Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – non è una proposta fattibile, ancora meno per i docenti e Ata della scuola che già partono da stipendi modesti, ben al di sotto della media europea e Ocse e pure rispetto a buona parte del mondo impiegatizio. Noi continuiamo a pensare che l’anticipo pensionistico non possa trasformarsi in un ricatto. Per la scuola, poi, continuiamo a sostenere che vanno introdotto gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, così da far lasciare il servizio a tutti a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza. In alternativa, si potrebbe allargare l’Ape Sociale a tutto il comparto e non solo ai colleghi della primaria. Non si può continuare ad ignorare i tanti casi di burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato, peraltro già negato per il mancato riconoscimento del rischio biologico. Il Governo ne prenda atto e – conclude Pacifico – si decida ad affrontare subito il problema modificando la Legge di Bilancio 2022”.
Anief, in convenzione con Cedan, conferma anche per quest’anno l’assistenza ed il supporto specializzato per l’invio delle domande di pensionamento, quest’anno regolate dal Decreto pubblicato nei giorni scorsi, con annessa Circolare: è possibile contattare via web la sede Anief più vicina.
“Flessibilità e sostenibilità finanziaria” sono le doti della proposta che l’Inps ha illustrato alla Commissione Lavoro di Montecitorio: non disegna una ‘gabbia’ rigida entro cui contenere i futuri pensionati ma lascia al lavoratore l’opportunità della scelta con costi che nel medio periodo, dice ancora, sono sostanzialmente azzerati. A conti fatti, sarebbero 332mila dal 2022 al 2027 le pensioni aggiuntive che potrebbero essere attivate con la proposta a fronte di un costo di 4,2 miliardi tra il 2022 e il 2027 che sarebbero poi recuperati da risparmi di spesa che dal 2027 al 2031 sarebbero pari a 2 miliardi di euro complessivamente.
La pensione così strutturata spetterebbe comunque fino al raggiungimento del diritto a quella di vecchiaia. In quel momento il lavoratore, infatti, potrà accedere al trattamento pensionistico costituito dalla somma della quota retributiva e della quota contributiva determinata al momento di accesso alla prestazione. Questa modalità costerebbe a regime circa un miliardo di euro l’ampliamento dell’accesso all’Ape sociale individuato dalla Commissione tecnica al lavoro sulla riforma delle pensioni, secondo il calcolo della stima dei maggiori oneri derivanti dalla modifica della normativa.
Quattro le modifiche ipotizzate dai tecnici: proroga dell’Ape sociale fino al 2026; integrazione di alcuni codici di professioni riferiti ad attività affini a quelle attualmente presenti nella categoria dei gravosi; l’eliminazione della condizione di conclusione della prestazione di disoccupazione da almeno 3 mesi ai fini dell’accesso all’Ape sociale e riduzione del requisito di anzianità contributiva per i gravosi appartenenti al settore edile da 36 anni a 30 anni.
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