In Toscana tra dipendenti e autonomi – in base ai redditi – ci sono 596mila working poor, le figure più a rischio sono domestici e operai agricoli: presentato lo studio Ires “Quando lavorare non basta”. Angelini (Cgil Toscana): “Senza risposte al mondo del lavoro a settembre la situazione sociale rischia di esplodere”. Francese (Ires): “Aumentano le incognite sulle prospettive di sviluppo della nostra regione”
Firenze, 12-7-2022 – “Quando lavorare non basta”: è il titolo del ‘position paper’, realizzato da Ires Toscana (a cura della ricercatrice Sandra Burchi, elaborazioni statistiche a cura del ricercatore Roberto Errico), sul lavoro povero e la questione dei bassi salari in Toscana. Si tratta di uno dei primi studi in Toscana sul tema specifico del lavoro povero. Dal focus emerge che in Toscana, in base ai redditi, tra dipendenti e autonomi ci sono 596mila working poor, mentre le figure più a rischio sono domestici e operai agricoli. Dalida Angelini (Cgil Toscana): “Situazione grave, servono risposte concrete al mondo del lavoro, altrimenti a settembre la situazione sociale rischia di esplodere “. Gianfranco Francese (presidente Ires Toscana): “Aumentano le incognite sulle prospettive di sviluppo della nostra regione poiché redditi e consumi bassi hanno un effetto depressivo sulla domanda interna”
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LA PREMESSA
Lavorare non è sempre sufficiente per non essere poveri, e questo non è vero solo in Italia. Nel nostro Paese, però, il fenomeno della povertà lavorativa è più marcato che negli altri Stati europei: l’indicatore prodotto da Eurostat (l’ufficio europeo di statistica) e adottato dall’Unione Europea mostra che nel 2019 l’11,8% dei lavoratori italiani era povero, contro una media europea del 9,2%. Chi è un lavoratore/lavoratrice povero/a? Uno/Una con un reddito lordo da lavoro sotto i 12mila euro. Secondo l’indicatore adottato dall’Unione Europea, un individuo è considerato in-work poor (Iwp) se dichiara di essere stato occupato per un certo numero di mesi (solitamente sette) nell’anno di riferimento e se vive in un nucleo familiare che gode di un reddito sui 15mila euro annui, cioè il reddito equivalente disponibile inferiore alla soglia di povertà stabilita, solitamente il 60% del reddito mediano nazionale. Si registrano asimmetrie di genere: le donne sono più esposte al rischio di essere povere in termini di reddito da lavoro che al rischio di povertà da lavoro; gli uomini affrontano la situazione opposta. Il rischio di povertà delle donne è più probabilmente associato alle caratteristiche individuali dell’occupazione e dei redditi; al contrario, il rischio di povertà degli uomini è più spesso associato alle caratteristiche della famiglia. La questione è anche generazionale: in tutta Italia i giovani lavoratori sotto i 35 anni guadagnano meno dei loro predecessori. E sono proprio i più giovani (in una fase della vita di potenziale uscita dalla famiglia e accesso alla vita adulta) quelli che percepiscono redditi più bassi, spesso in condizioni di precarietà. Dei 2,9 milioni di lavoratori poveri stimati dall’ultimo rapporto Censis il 35% sono nella classe d’età 15-29.
LO STUDIO
E’ possibile stimare “l’area” dei lavoratori a rischio di essere o diventare working poor, utilizzando i dati Mef sulle dichiarazioni dei redditi ed i dati Inps sulla contribuzione. I dati segnalano un’area del disagio lavorativo estremamente ampia, anche in una Regione mediamente ricca come la Toscana. Osservando i dati dei contribuenti (dichiarazione dei redditi 2021 sull’anno 2020) si nota che i lavoratori dipendenti sono 1.445.816, per un reddito totale di 29.422 milioni di euro, per un reddito medio lordo di 20.350 euro annui. Gli autonomi/Partite Iva sono 162.959, reddito totale 3.716 milioni di euro, reddito medio lordo 22.802 euro annui. I pensionati sono 985mila, reddito da pensione totale di 18.831 milioni di euro, reddito medio lordo di 19.107mila euro annui. Totale: per 2.594.319 contribuenti, reddito da lavoro/pensione totale di 51.968 milioni di euro, reddito medio lordo di 20.032 euro annui.
C’è poi l’area dei lavoratori a rischio di essere o diventare working poor (redditi lordi da lavoro non superiore a 12 mila euro annui), in base ai dati Inps: in Toscana ci sono 525.123 lavoratori dipendenti che hanno un reddito medio lordo annuo di 7.257 (reddito totale annuo 3.811 milioni di euro), e 71.462 autonomi/Partite Iva che hanno un reddito medio lordo annuo di 3.225 euro (reddito totale annuo di 230 milioni di euro). In tutto tra dipendenti e autonomi in Toscana siamo di fronte a 596.585 lavoratori che hanno un reddito medio lordo annuo di 6.774 euro (reddito totale 4.041 milioni di euro), pari al 37,08% del totale dei contribuenti della regione (esclusi i pensionati e al netto del numero degli studenti lavoratori stagionali, dei lavoratori dipendenti e indipendenti assunti nell’ultimo trimestre dell’anno e degli effetti dei pensionamenti del primo trimestre dell’anno).in work
E ancora: quali sono in Toscana le figure più a rischio povertà pur lavorando? Ecco la valutazione del rischio fatta riparametrando la distanza del reddito medio dalla soglia “In work poverty” Italia 2020. Le figure a rischio “molto alto” sono domestici (71.975 addetti, 40 settimana lavorate di media in un anno, 7.295 euro di reddito medio annuo) e operai agricoli (48.845 addetti, 23 settimane lavorate di media in un anno, 10.718 euro di reddito medio annuo). Le figure a rischio “alto” sono gli autonomi agricoli (26.038 addetti, 51,1 settimane lavorate di media in un anno, 12.212 euro di reddito medio annuo). Le figure a rischio “medio” sono i collaboratori delle gestioni separate (8.394 addetti, 29,9 settimane lavorate di media in un anno, 13.666 euro di reddito medio annuo). A rischio “basso” ci sono i dipendenti privati (20.143 euro di reddito medio annuo) e altri collaboratori delle gestioni separate (15.339 euro di reddito medio annuo). A rischio “molto basso” ecco i professionisti della gestione separata (15.795 euro di reddito medio annuo), commercianti (20.296 euro di reddito medio annuo) e artigiani (19.899 euro di reddito medio annuo). A rischio “nullo” amministratori (gestioni separate) con un reddito medio annuo di 45.978 euro e dipendenti pubblici con un reddito medio annuo di 32.869 euro. Spiega Burchi: “A livello individuale il rischio di basse retribuzioni è particolarmente elevato per i lavoratori occupati presenti in settori a bassa qualificazione (lavoro agricolo e lavoro domestico), probabilmente attivi solo pochi mesi all’anno e per i lavoratori e lavoratrici iscritti alla gestione separata Inps. Una così alta percentuali di contribuenti con un reddito medio lordo inferiore ai 12mila euro è significativa di una frammentazione del lavoro e di una de-standardizzazione non solo nel lavoro autonomo ma anche del lavoro dipendente.
LE DICHIARAZIONI
Dalida Angelini (segretaria generale Cgil Toscana): “Questo studio evidenzia che ci sono tanti lavoratori e lavoratrici che – in base ai loro redditi – in Toscana sfiorano o superano la soglia della povertà. Tra questi, tanti sono giovani, tante sono donne, impiegate magari anche in settori che vanno bene come il turismo ma che non puntano sul lavoro di qualità. E’ una situazione grave che interroga tutti perché servono risposte concrete al mondo del lavoro, altrimenti a settembre la situazione sociale rischia di esplodere. Il primo passo da compiere è rafforzare la lotta alla precarietà, contro tutte quelle leggi che l’hanno aumentata; e poi bisogna aumentare i salari, attraverso i Contratti nazionali e un uso più equo della leva fiscale. La Toscana può fare qualcosa, deve decidere dove vuole andare, che tipo di lavoro vuole, quali politiche industriali promuovere, ricordando che oltre a moda e turismo c’è un manifatturiero da rafforzare”.
Gianfranco Francese (Presidente Ires Toscana): “Nello studio abbiamo voluto incrociare le banche dati sui redditi, per vedere la soglia di povertà riferita sia al reddito famigliare che individuale, visto che i nuclei famigliari di single aumentano. Non siamo di fronte a una emergenza salariale perché purtroppo ormai sui salari bassi è una tendenza affermata, l’emergenza è piuttosto sociale e ciò aumenta le incognite sulle prospettive di sviluppo della nostra regione, poiché redditi e consumi bassi hanno un effetto depressivo sulla domanda interna, nel quadro di una situazione economica complessiva già difficile”.