11 – 20 ottobre | Teatro della Pergola – Saloncino ‘Paolo Poli’
(martedì, mercoledì, venerdì, sabato, ore 21; giovedì, ore 19; domenica, ore 16)
Prima Nazionale
LA DODICESIMA NOTTE
di William Shakespeare
traduzione Orazio Costa Giovangigli
adattamento Filippo Gentili
con (in ordine di apparizione) Federica Lea Cavallaro, Marco Santi, Luca Pedron, Greta Bendinelli, Fabio Facchini, Federico Serafini, Manuel D’Amario, Maddalena Amorini, Giulia Weber, Davide Arena
costumi Elena Bianchini
scene Fran Bobadilla
disegno luci Samuele Batistoni
regia Pier Paolo Pacini
produzione Teatro della Toscana
Dall’11 al 20 ottobre in prima nazionale nel Saloncino ‘Paolo Poli’ del Teatro della Pergola Pier Paolo Pacini dirige La dodicesima notte di William Shakespeare nella traduzione di Orazio Costa, con l’adattamento di Filippo Gentili. Con Federica Lea Cavallaro, Marco Santi, Luca Pedron, Greta Bendinelli, Fabio Facchini, Federico Serafini, Manuel D’Amario, Maddalena Amorini, Giulia Weber, Davide Arena. I costumi sono di Elena Bianchini, le scene di Fran Bobadilla, il disegno luci è di Samuele Batistoni. La produzione è del Teatro della Toscana.
Si abusa spesso del concetto di contemporaneità riferito a opere del passato, ma per La dodicesima notte può essere utilizzato a ragion veduta. Shakespeare ci offre con la maestria del suo genio e del suo spirito libero una lezione di civiltà: la fluidità, le identità aperte e non rigidamente definite, che oggi iniziamo finalmente ad accettare seppur con mille difficoltà e all’interno di un dibattito polarizzato e spesso cattivo, qui sono un dato di fatto, celebrato con un’allegria e una spensieratezza totali in un gioco un po’ pazzo dove, in fondo, a contare davvero è “quel che volete”.
La dodicesima notte è l’ultima commedia giocosa, a tratti autenticamente farsesca, di William Shakespeare, prima della stagione delle grandi tragedie e delle commedie nere. Composta all’incirca nel 1600, ruota intorno al naufragio nell’immaginaria Illiria dei gemelli Viola e Sebastiano e alle avventure scaturite dal travestimento maschile della fanciulla che, sotto il nome di Cesario, diventa paggio del duca Orsino. Elegante e piena di grazia, la commedia trascina lo spettatore nella sua atmosfera magica e incantata, in cui i contrasti più feroci si compongono armoniosamente.
In prima nazionale dall’11 al 20 ottobre nel Saloncino ‘Paolo Poli’ del Teatro della Pergola, Pier Paolo Pacini dirige La dodicesima notte nella versione di Orazio Costa, una traduzione di grande qualità e intelligenza teatrale, che tiene conto della peculiarità del testo che alterna l’uso di prosa e versi. Essa è stata snellita dall’intervento di Filippo Gentili, che con altrettanta intelligenza è intervenuto per aiutare a seguire l’intreccio, attualizzando il linguaggio laddove esso poteva risultare non immediatamente efficace per lo spettatore di oggi. In scena ci sono Federica Lea Cavallaro, Marco Santi, Luca Pedron, Greta Bendinelli, Fabio Facchini, Federico Serafini, Manuel D’Amario, Maddalena Amorini, Giulia Weber, Davide Arena. I costumi sono di Elena Bianchini, le scene di Fran Bobadilla, il disegno luci è di Samuele Batistoni. La produzione è del Teatro della Toscana.
La dodicesima notte è un testo emblematico nel percorso artistico di Costa. Lo mise in scena per la prima volta nel 1944 a Villa Giulia per celebrare la Liberazione di Roma con una compagnia riunita per l’occasione, tra cui Rina Morelli, Carlo Ninchi e Kiki Palmer; poi nella cornice della villa Floriana di Napoli, nel 1950, con la Compagnia del Piccolo Teatro della Città di Roma (nel cast Antonio Crast, Giorgio De Lullo, Anna Proclemer, Rossella Falk, Salvo Randone, Camillo Pilotto, Nino Manfredi, Gianrico Tedeschi, Renzo Giovampietro). Costa ritorna all’opera shakespeariana nel 1971, prima a Trieste poi al Teatro Romano di Fiesole, stavolta traducendola lui stesso, sulla scia della ricerca, lunga una vita, sulla parola e il gesto scenico.
Spiega Pier Paolo Pacini: «Tra le commedie di Shakespeare, La dodicesima notte è quella per cui il concetto di contemporaneo può davvero essere usato a ragion veduta.
Attuale è, infatti, il tema della distanza tra l’essere e l’apparire (il travestimento di Viola, la metamorfosi di Malvolio e anche il lutto non granitico di Olivia ci riportano alle identità ritoccate che la gente assume sui social), ma soprattutto attuale è la fluidità di genere che in questo testo scorre con naturalezza: Viola si traveste da maschio, come maschio fa innamorare Olivia – che ne è attratta fisicamente perché intravede la femmina – e come maschio viene accettato da Orsino come sposa, prima di mostrarsi a lui come femmina; per non parlare dell’attrazione decisamente erotica di Antonio per Sebastiano.
A tutto ciò aggiungiamo il fatto che in questo allestimento Malvolio è interpretato da un’attrice, una scelta che è sia una sorta di citazione a contrario del fatto che nel teatro elisabettiano i ruoli femminili erano anch’essi interpretati da uomini, così come un cambio di genere funzionale al tema centrale della commedia.
Perché quello de La dodicesima notte è un mondo simile al nostro per contenuti, ma con una significativa differenza: la fluidità, le identità aperte e non rigidamente definite che oggi iniziamo ad accettare – ancora con mille difficoltà e all’interno di un dibattito polarizzato e spesso cattivo – in questo testo sono un dato di fatto, celebrato con un’allegria e una spensieratezza assolute in un divertissement un po’ pazzo dove in fondo a contare davvero è “quel che volete”. Una lezione di civiltà e un invito alla normalizzazione che Shakespeare ci fa arrivare attraverso i secoli con la maestria del suo genio teatrale e del suo spirito libero.
Questi temi si inseriscono in un clima di festa (non per niente la prima rappresentazione avvenne probabilmente nell’ambito di una festa studentesca), che fanno di questa commedia, ambientata in un regno inventato pieno di musica e di colori, un inno alla libertà, temperato da un’atmosfera favolistica che rende tutto un gioco. Ma – come in tutte le favole – la superficie apparentemente leggera nasconde significati profondi».