21 – 26 marzo | Teatro della Pergola
(martedì, mercoledì, venerdì, sabato, ore 21; giovedì, ore 19; domenica, ore 16)
Giuseppe Battiston in
LA VALIGIA – IN VIAGGIO CON DOVLATOV
Un torero squalificato
tratto da “La valigia” di Sergej Dovlatov
traduzione Laura Salmon
adattamento Paola Rota e Giuseppe Battiston
regia Paola Rota
scena Nicolas Bovey
costumi Vanessa Sannino
luci Andrea Violato
suono e musica Angelo Elle
produzione Gli Ipocriti – Melina Balsamo
basato sul libro CHEMODAN copyright © Sergei Dovlatov Estate, 2019; tutti i diritti riservati
pubblicato in Italia da Sellerio Editore a cura di Laura Salmon
Durata 1 h e 20’, atto unico.
Al Teatro della Pergola, dal 21 al 26 marzo, Giuseppe Battiston è il protagonista de La valigia, monologo tratto dall’omonima raccolta di racconti di Sergej Dovlatov, adattata dallo stesso Battiston e da Paola Rota, anche regista, con la traduzione di Laura Salmon. Una produzione Gli Ipocriti – Melina Balsamo.
Scrittore, giornalista e reporter per «The New American», giornale di emigrati ebrei in lingua russa, morto in esilio negli Stati Uniti poco dopo la caduta del regime sovietico, Dovlatov raccoglie nella Valigia tutti gli oggetti che porta via quando decide di lasciare per sempre la sua Leningrado: a ogni oggetto corrisponde un episodio e un personaggio della sua vita vagabonda. «Pensai: ma davvero è tutto qui? – si domanda – E risposi: sì, è tutto qui».
Lo spettacolo si articola in un continuo andirivieni tra presente e passato, usando come dispositivo di racconto uno studio radiofonico, attingendo alla storia di Dovlatov. Ne nasce una carrellata di personaggi, quasi fantasmi, che riemergono da una memoria tanto lontana quanto vivida: uomini e donne raccontati con i filtri della distorsione e della comicità.
«È un microcosmo variegato tanto realista quanto malconcio, ma sempre – afferma Giuseppe Battiston – estremamente poetico nelle sue rappresentazioni. Sono i reietti, i poveri, i delinquenti, le carogne, come le chiama Dovlatov, da cui l’autore è irresistibilmente attratto. E non è l’unico perché questi personaggi affascinano anche a me.»
Sono figure e storie piene di amore, con una nota nostalgica che cerca di evitare, però, la tristezza. Infatti, come Dovlatov, sono sempre in contrasto con il mondo e la vita, riuscendo a cogliere il lato umoristico nella drammaticità grottesca.
«Leggendolo e rileggendolo viene in mente Čechov» osservano i critici di Sergej Dovlatov, scrittore, giornalista e reporter originale e appartato rispetto al mondo della dissidenza russa. Tanto appartato e originale da aver fatto dire di sé che era sopra ogni cosa un «dissidente dalla vita». E si può aggiungere che, conoscendone l’atteggiamento amaro e dissipatore, viene in mente anche Raymond Carver.
Scomparso nel 1990 non ancora cinquantenne, Dovlatov vede le sue opere pubblicate negli Stati Uniti e in Europa dopo il 1978, anno in cui emigra a Vienna e da lì a New York, dove raggiunge la moglie e la figlia. Prima di allora i suoi romanzi sono circolati in Unione Sovietica come copie clandestine. L’autore racconta sempre di piccoli episodi quotidiani dai quali trae, mescolando il grottesco della vita con una bizzarra natura filosofica dei suoi personaggi (il più delle volte emarginati che si arrangiano a vivere in Russia come in America), pessimistiche lezioni, che risultano di irresistibile umorismo e di assoluta verità.
Al Teatro della Pergola, dal 21 al 26 marzo, Giuseppe Battiston è il protagonista de La valigia, monologo tratto dall’omonima raccolta di racconti di Sergej Dovlatov, adattata dallo stesso Battiston e da Paola Rota, anche regista, con la traduzione di Laura Salmon. Una produzione Gli Ipocriti – Melina Balsamo.
Quando si parte per non tornare mai più, come si guarda a ogni oggetto che si lascia? E soprattutto, come si guarda a ogni oggetto che si prende con sé? E questi oggetti, che peso avranno nella nostra nuova vita? La valigia, così personale e unica, diventa metafora della condizione umana: emigriamo dalla nostra giovinezza, da un passato fatto di persone, immagini, episodi e sentimenti che solo il ricordo ha la forza di immortalare e riportare tra noi.
Attraverso quindi alcuni oggetti e i ricordi che questi attivano, Battiston dà vita sul palcoscenico ai personaggi indimenticabili che hanno fatto parte della vita di Dovlatov. Pare ci sia un test psicologico per capire lo stato d’animo di chi parte per sempre: scegliere otto oggetti, associarne un ricordo e poi un sentimento per ognuno: il sentimento prevalente sarà lo stato d’animo dell’emigrante. Il pubblico si trova così a giocare insieme a Battiston per scoprire che il sentimento di Dovlatov non è solo la libertà, ma qualcosa di più profondo, che dove è arrivato non è così facile trovare. Ai microfoni di una radio Giuseppe Battiston racconta l’amore e l’odio di Dovlatov (ma più di amore si tratta, a dire il vero) verso il Paese che ha lasciato, l’Unione Sovietica, per vivere negli Stati Uniti.
Un “presentatore” si aggancia così al mondo sonoro per evocare la propria storia, ma a chi parliamo quando parliamo alla radio? E chi ci ascolta? Non lo sappiamo, così Dovlatov, per il quale è forse più importante rivivere un racconto che insegna a rispettare ciò che rispettabile non è, che aiuta a comprendere come, a dispetto di ogni logica, i valori umani esistono solo al di fuori delle convenzioni.
Nota di Giuseppe Battiston
Ho scelto La valigia perché è uno dei testi più significativi di Sergej Dovlatov, scrittore russo portatore di una dissidenza tutta personale, emigrato da Leningrado a New York all’inizio degli anni ‘80. È difficile scindere la figura dell’autore da quella del protagonista, i racconti contenuti in questo romanzo, infatti, sono di natura essenzialmente autobiografica. La valigia è un’opera che racconta la vicenda umana, tra la Russia e gli Stati Uniti, di un emigrante che non ha mai accettato la sua rincorsa verso una libertà difficile da digerire, ma che soprattutto ha dovuto barattare con la distanza e inevitabilmente con la nostalgia. In America c’è tutto, ma non questo sentimento che avviluppa e rende umane le cose, gli oggetti, le storie. Lo sguardo disincantato di Dovlatov, geniale affabulatore, si pone sulla moltitudine di persone che lo accompagnano nel suo viaggio tra passato e presente, un microcosmo variegato tanto realista quanto malconcio, ma sempre estremamente poetico nelle sue rappresentazioni. Sono i reietti, i poveri, i delinquenti, le carogne, come le chiama Dovlatov, da cui l’autore è irresistibilmente attratto. E non è l’unico, perché questi personaggi affascinano anche a me, per questo ho deciso di adattare i racconti della Valigia di Dovlatov alla scena insieme a Paola Rota, regista dello spettacolo.
La valigia è quell’oggetto di cui non possiamo fare a meno e che non può fare a meno di noi, è quel contenitore che ci racconta, è la nostra memoria e il nostro futuro, è la cosa che meglio ci rappresenta e che più ci somiglia.
Riguardo al mio personaggio, credo ci sia molto poco da dire. Ho cercato di dare vita a quello che immagino potesse essere la figura di Dovlatov e quindi si tratta proprio di una creazione di fantasia, come è giusto che sia in teatro. Non amo i giochi sulle somiglianze, né le narrazioni, e quindi ho costruito un personaggio tutto mio, che potesse rappresentare lo spirito di questo grande scrittore e potesse diventare, lui sì, un narratore. In definitiva, non sono io a raccontare, ma un personaggio a tutto tondo.
TEATRO DELLA PERGOLA
Via della Pergola 12/32, Firenze