23 – 28 maggio | Teatro della Pergola
(martedì, mercoledì, venerdì, sabato, ore 21; giovedì, ore 19; domenica, ore 16)
Prima Nazionale
IL GIARDINO DEI CILIEGI
di Anton Čechov
con Maddalena Amorini, Davide Arena, Maria Casamonti, Davide Diamanti, Ghennadi Gidari, Annalisa Limardi, Alberto Macherelli Bianchini, Claudia Ludovica Marino, Luca Pedron, Marco Santi, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Emanuele Taddei
regia e scene Roberto Bacci
adattamento drammaturgico Stefano Geraci
costumi Elena Bianchini
luci Samuele Batistoni
maestra di canto Francesca Della Monica
maestro prestigiatore Sergio Bustric
assistente alla regia Sofia Menci
assistente costumista Eleonora Sgherri
macchinisti Duccio Bonechi, Cristiano Caria, Sandro Lo Bue, Francesco Pangaro, Filippo Papucci
elettricisti Riccardo Parrini, Lorenzo Bernini, Tommaso Tinti
sarta realizzatrice Valentina Gualandri
costumi realizzati dal Laboratorio d’Arte del Teatro della Pergola
produzione Teatro della Toscana
Durata: 2h, atto unico.
Si dice che i classici vivano senza tempo e Il Giardino dei ciliegi è un grande classico. Dopo l’esperienza con il Teatro nazionale di Cluj-Napoca, in Romania, Roberto Bacci torna a dirigere il capolavoro di Anton Čechov con un gruppo di giovani attrici e attori del Teatro della Toscana, che produce lo spettacolo, in prima nazionale al Teatro della Pergola, Saloncino ‘Paolo Poli’, dal 23 al 28 maggio, nell’adattamento drammaturgico di Stefano Geraci.
La macchina semplicissima del racconto ci mostra un mondo che scompare, una generazione e un’economia che avanzano travolgendo tutto. Il giardino che viene reciso e travolto da quel “progresso” inesorabile diventa una riflessione necessaria sull’essere presenti o, meglio, sul senso dell’eredità che lasciamo.
«Čechov voleva che il suo Giardino – scrive Bacci nelle note di regia – fosse una commedia divertente, che riflettesse un testo di per sé drammatico, e questa sensazione di dover essere leggeri, ma anche consapevoli di che cosa nascondesse questa leggerezza, è stata alla base di un apprendimento per noi importante.»
In scena, in uno spazio pieno di petali bianchi, Maddalena Amorini, Davide Arena, Maria Casamonti, Davide Diamanti, Ghennadi Gidari, Annalisa Limardi, Alberto Macherelli Bianchini, Claudia Ludovica Marino, Luca Pedron, Marco Santi, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Emanuele Taddei.
La sera del debutto, il 23 maggio, per immergersi appieno nell’allestimento di questo Giardino, si chiede al pubblico di vestirsi di bianco o di indossare almeno un elemento di colore bianco.
Rappresentato per la prima volta nel 1904 al Teatro d’Arte di Mosca sotto la direzione di Stanislavskij e di Nemirovič-Dančenko, Il Giardino dei ciliegi è l’ultimo lavoro di un Anton Čechov malato e vicino alla morte, eppure, mai così attaccato alla vita, intesa come respiro, anima del mondo e speranza nel futuro. Esprime ancora più lucidamente la sua riflessione sulla goffa incapacità di vivere degli esseri umani, afflitti da uno strabismo esistenziale che impedisce loro di guardare con chiarezza dentro la propria anima.
In prima nazionale al Teatro della Pergola, nel Saloncino ‘Paolo Poli’, dal 23 al 28 maggio, dopo l’esperienza con il Teatro nazionale di Cluj-Napoca, in Romania, Roberto Bacci torna a dirigere il capolavoro di Čechov con un gruppo di giovani attrici e attori del Teatro della Toscana, che produce lo spettacolo, con l’adattamento drammaturgico di Stefano Geraci, nel rispetto del testo originale e dell’intreccio della storia.
Maddalena Amorini, Davide Arena, Maria Casamonti, Davide Diamanti, Ghennadi Gidari, Annalisa Limardi, Alberto Macherelli Bianchini, Claudia Ludovica Marino, Luca Pedron, Marco Santi, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Emanuele Taddei, si muovono in uno spazio non tradizionale pieno di petali bianchi, immaginato dallo stesso Bacci cercando di proporre allo spettatore una percezione che circondi da tre lati l’azione, senza prevedere entrate e uscite dalle quinte. Così, mentre il tema della vicenda principale prende vita, i personaggi che momentaneamente non vi sono impegnati restano comunque presenti.
«Il teatro si impara a farlo sulla scena – scrive Roberto Bacci nelle note di regia – e, più l’impresa è rischiosa, più la qualità dei giovani attori è richiamata a crescere. Čechov è forse l’autore più adatto a verificare questa crescita, per la complessità dell’opera, la qualità dei personaggi a cui dare vita e anche per i temi che affronta, temi che ci hanno fatto riflettere durante il periodo delle prove e che proporremo alla sensibilità degli spettatori, temi che mettono in luce criticamente il funzionamento della macchina umana».
Alle attrici e agli attori, come partner dei loro personaggi, sono stati proposti i costumi di Elena Bianchini, realizzati dal Laboratorio d’Arte del Teatro della Pergola, tali che contenessero non soltanto l’immagine del personaggio, ma costituissero anche l’architettura viva di tutta la scena. Un ulteriore lavoro, accudito dalla maestra di canto Francesca della Monica, è stato quello dell’inserimento di canti di origine russa, ucraina e georgiana, accompagnati da una musica dal vivo, in modo che “aprissero” emozionalmente alcune scene o sottolineassero alcuni passaggi drammaturgici. Le luci sono di Samuele Batistoni. Maestro prestigiatore è Sergio Bustric.
«Durante la palestra del periodo di prove – annota Bacci – anche io ho potuto imparare molto dalla dedizione e dalla leggerezza che ho sentito negli attori, che mi hanno seguito e spinto a immaginare una messa in scena che fosse dinamica e ricca di sorprese, anche per noi che ci stavamo lavorando».
La trama narra dell’aristocratica Ljuba che torna a casa, dopo un periodo trascorso all’estero, per rimettersi dalle sciagure che le hanno tolto il marito e il figlio; la sua proprietà è in pericolo a causa della sua maldestra amministrazione, ma lei non se ne rende conto. Con lei torna anche la figlia Anja, per la quale spasima lo studente Trofimov, già precettore del bambino defunto; a casa era rimasta invece Varja, figlia adottiva con la testa sulle spalle, conscia dei pericoli che incombono sulla casa, e che tutti danno per fidanzata con il mercante Lopachin, nonostante lui non si sia mai proposto. Questi, milionario, consiglia di costruire, nel giardino dei ciliegi, villini per i villeggianti, ma Ljuba e suo fratello Gajev non capiscono che il fallimento è alle porte, che presto ci sarà un’asta: Ljuba continua, al contrario, a sprecare soldi. Tutti vanno incoscienti incontro alla deriva, salvo Lopachin, che continua ad avvertirli, e Trofimov, idealista, che crede in un futuro migliore e ne parla con accenti profetici.
Così, nel Giardino dei ciliegi appaiono in controluce le domande su quale sia il senso dell’eredità che lasciamo. Di come l’economia e le nostre scelte individuali e collettive trasformino il nostro sentire della vita, i sentimenti, le emozioni e i giudizi su noi stessi. Non soltanto di fronte al passare delle stagioni, ma soprattutto per la nostra storia come genere umano.
Note di regia
L’attenzione di un Teatro per i giovani attori non è un gesto retorico, bensì il bisogno di preparare il proprio futuro, cercando di sottrarsi a un rischio, a volte incombente, di nutrirsi con un divismo televisivo che contamina l’arte del teatro. Per questo, l’attenzione che il Teatro della Toscana dedica con questa e altre esperienze (vedi il lavoro che Pier Paolo Pacini svolge da alcuni anni) alle nuove generazioni, lo considero uno dei pilastri che sorreggono l’identità di un Teatro Nazionale.
Il teatro si impara a farlo sulla scena e, più l’impresa è rischiosa, più la qualità dei giovani attori è richiamata a crescere. Čechov è forse l’autore più adatto a verificare questa crescita, per la complessità dell’opera, la qualità dei personaggi a cui dare vita e anche per i temi che affronta, temi che ci hanno fatto riflettere durante il periodo delle prove e che proporremo alla sensibilità degli spettatori, temi che mettono in luce criticamente il funzionamento della macchina umana.
Il capolavoro de Il Giardino dei ciliegi è da questo punto di vista una nave scuola straordinaria su cui imbarcare anche lo spettatore. Durante la palestra del periodo di prove anche io ho potuto imparare molto dalla dedizione e dalla leggerezza che ho sentito negli attori che mi hanno seguito e spinto a immaginare una messa in scena che fosse dinamica e ricca di sorprese, anche per noi che ci stavamo lavorando. Čechov voleva che il suo Giardino fosse una commedia divertente, che riflettesse un testo di per sé drammatico, e questa sensazione di dover essere leggeri, ma anche consapevoli di che cosa nascondesse questa leggerezza, è stata alla base di un apprendimento per noi importante.
Ma il teatro ha bisogno del pubblico per il suo nutrimento essenziale e il pubblico acquista in questa messa in scena un ruolo drammaturgico importante, proprio per avvicinarlo di più agli attori e ai personaggi. Il nostro Giardino diventa così un possibile orto čechoviano in cui poter trapiantare altri alberi dello stesso autore.
Roberto Bacci