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30 gennaio – 4 febbraio | Teatro della Pergola
(martedì, mercoledì, venerdì, sabato, ore 21; giovedì, ore 19, domenica, ore 16)
Monica Guerritore, Massimiliano Vado in
GINGER&FRED
di Federico Fellini, Tonino Guerra, Tullio Pinelli
adattamento e regia Monica Guerritore
con (in o.a.) Alessandro Di Somma, Mara Gentile, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni, Lucilla Mininno, Valentina Morini, Claudio Vanni
scenografia Maria Grazia Iovine
costumi Walter Azzini
coreografie Alberto Canestro
light design Pietro Sperduti
regista assistente Leonardo Buttaroni
direttore allestimento Andrea Sorbera
foto Manuela Giusto
produzione Teatro della Toscana, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Società per Attori
Durata: 1h e 30’, atto unico.
Monica Guerritore porta per la prima volta a teatro il celebre film di Federico Fellini Ginger & Fred, sul palco del Teatro della Pergola dal 30 gennaio al 4 febbraio. Lo spettacolo, di cui cura l’adattamento e la regia, lo interpreta con Massimiliano Vado e con Alessandro Di Somma, Mara Gentile, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni, Lucilla Mininno, Valentina Morini, Claudio Vanni. In scena, la storia di due ballerini di avanspettacolo d’altri tempi, per un’opera sulla fragilità e sulla televisione.
Afferma Monica Guerritore: «La mia non è una mera trasposizione scenica, ma una vera e propria rilettura ‘politica’ dell’intuizione felliniana oggi più che mai attuale. La battaglia di Fellini (non si interrompe così un’emozione) va oltre l’interruzione di un racconto, un film, che è un’opera finita e per questo intoccabile, ma mette l’accento soprattutto sulla potenza del bombardamento pubblicitario che trasforma lo spettatore in consumatore, rendendolo ignoto anche a sé stesso».
Una produzione Teatro della Toscana, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Società per Attori.
Amelia Bonetti e Pippo Botticella, in arte Ginger e Fred, due ex ballerini un tempo famosi, vengono invitati a partecipare allo show di Natale di una televisione privata. Accettano intenzionati a ritrovare la magia del palcoscenico e forse, almeno per Amelia, riannodare i fili di un amore interrotto. Scaricati in un piazzale deserto davanti a un albergo a cui è andata via la luce, si ritrovano inseriti in un gruppo di sosia con cui pensano inizialmente di non avere nulla in comune. Nella notte e poi in sala trucco, prima che il teatro stesso, pubblico in platea compreso, diventi lo studio dello show e il presentatore, come il domatore di un circo, li faccia entrare, come bestie ammaestrate insieme agli altri compagni d’avventura, questa piccola umanità fatta di personaggi bizzarri e imperiosi, pavidi e coraggiosi, si imporrà, intenerendo il pubblico per la realtà delle loro vite. Tutto comico e tragico allo stesso tempo, nell’esaltazione di un’attesa che li porterà per pochi attimi sotto le luci dei riflettori.
Commenta Monica Guerritore: «Il tempo costa in tv e il tempo in tv rende… fretta, fretta… niente ha il tempo di generarsi, maturarsi, emergere: tutto è di seconda mano, tutto è approssimativo, tutto è orecchiato. Da qui la mia scelta di immaginare lo show televisivo a cui parteciperanno come la serata dei sosia, una umanità minore, ribalda e affamata, che per esistere si rispecchia nella tv, ne assume l’iconografia e il lessico. Non ci sono buoni e cattivi, Pippo e Amelia, Ginger e Fred, inizialmente fuori posto in quel gruppo di gente che assomiglia a qualcun altro, sono anche loro di seconda mano: ballano su passi creati da altri. Ma a loro non basta la luce dei riflettori, è la magia portata dalla bellezza di quell’attimo sul palco che vogliono ritrovare. Con questa aspettativa i due affrontano le ore che precedono la registrazione dello show, parte di un gruppo che non li conosce e nel quale, inizialmente estranei, durante l’attesa si integrano».
Dice ancora Guerritore: «Come in Brecht, a cui Fellini è intimamente legato, è nell’osservazione di questo piccolo popolo, nella comprensione, nella partecipazione alle loro vite disvelate durante le ore di attesa, nella loro umanizzazione prima di essere usati come “caricature” e spediti al massacro, che emerge la pietas che lo spinge a scrivere e dirigere Ginger & Fred. Stesso sentimento che mi ha accompagnato in questo anno di lavoro, che mi ha fortemente motivato nel metterlo in scena. Scena ‘luogo’ dove si compie il nostro mestiere. Osservando noi stessi lassù potremo riconoscere il nostro stesso smarrimento gonfio di un malessere che stemperiamo con la leggerezza di una serata di festa».