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” Ogni volta che andavo a fare il turno la mattina era un pugno nello stomaco trovarsi di fronte questa enorme quantità di bimbi ricoverati e pensavo ‘ma cosa c’entrano loro con la guerra?’. Non c’entrano nulla, però erano feriti. ”
Inizia così il racconto di Giuseppe, chirurgo italiano entrato a Gaza lo scorso dicembre.
Ascolta il podcast “Giuseppe, chirurgo a Gaza”
Prendiamo in prestito le sue parole Marina per provare a raccontarti l’inferno di Gaza. Come si lavora in un ospedale in cui manca tutto? Dove si dorme la notte? Quali suoni accompagnano le giornate dei pazienti e dello staff?
Giuseppe ha lavorato nell’ospedale di Al-Aqsa, 250 letti per 680 persone ricoverate, 4 su 10 erano bambini. Ogni spazio era sfruttato per metterci i pazienti: corridoi, bagni, sgabuzzini, scale. I materassi erano ovunque, le scorte mediche pochissime.
Non aggiungiamo altro, lasciamo che siano la sua voce e la sua emozione a parlarti in questa breve testimonianza ►
Al senso di impotenza, alla rabbia e al dolore che questa guerra ci fa provare ti chiediamo di rispondere con tutto l’aiuto possibile.
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A Gaza, come in altri luoghi in guerra, è la tua donazione che ci permette di curare le ferite di chi ha più bisogno. Grazie a te non ci arrendiamo e proviamo in tutti i modi possibili a salvare ogni giorno delle vite in più.
Grazie per essere al nostro fianco.
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