Un libro di poesie ” La Mia Bianca Strada” dell’Ex Magistrato Carlo Cappelletti
Ieri, giovedì 16, si è svolto a Siena un importante incontro culturale per la presentazione di una silloge poetica di Carlo Cappeletti, già Magistrato e autore di altro libro. L’incontro si è tenuto presso la Parrocchia di Vico Alto e dopo un saluto di Mons. Rovai, si sono susseguiti gli interventi della Dr.ssa Giuseppina Leo (ex Magistrato della Corte di Cassazione) e Piero Quercioli (Dirigente di Azienda). Il corollario, molto apprezzato dal numeroso pubblico, è stato improntato dai pezzi musicali per violino suonati dal Maestro Francesco Cappelletti e dalle letture di brani da parte dell’attrice Paola Lambardi. La presenza del Sindaco Nicoletta Fabio è stata salutata con un caloroso applauso.
Con la seconda silloge poetica che ha per titolo “La mia bianca strada”, idealmente collegata a “La chiusura del cerchio” – che la precede di due anni –, Carlo Cappelletti ci conduce ad esplorare, ancora più profondamente, nell’intimo il suo paesaggio emotivo, senza celare le sue fragilità e la sua impotenza di fronte al dolore con il quale ha dovuto fare i conti in molti momenti della Sua vita, improntata alla ricerca dell’Assoluto che, spesso, vede distante dall’umano sentire e quasi insensibile alle vicende terrene. Si avverte, infatti, in molte delle poesie che compongono la silloge la continua tensione verso la conoscenza del Padreterno, il bisogno di un segno che lo renda tangibile, dando significato all’agire dell’uomo, impotente di fronte agli accadimenti quotidiani; tanto da far volgere all’Autore “il pensiero lassù, al Nazzareno, proponendoGli di scender tra di noi, quando e come vuole…” (<>, ne “La mia bianca strada”, pag. 21) ed a fargli quasi urlare: “…sto inseguendo da sempre … un concetto, un’idea, un’entità, … che incapace sono di afferrare. Io, cerco Dio, quel Dio (anche) mio, ch’è “in cielo, in terra, in ogni luogo”… Ma … non lo trovo! Perché? Per costrizione mia, oppure per voluto Suo volere?…” (“Cerco il padre”, ne “La chiusura del cerchio”, pag. 47). Come non ricordare, a tal proposito, l’esclamazione disperata dell’ “Innominato”, al quale Manzoni fa implorare: “Dio, Dio, dov’è questo Dio. Se lo vedessi, se lo sentissi..”? E come non riconoscere in questo senso di impotenza il perenne umano affanno verso la comprensione del significato della vita e di tutto ciò che di bello o brutto in essa accade?
L’Autore affronta questa sua tensione verso l’Assoluto con la saggezza disarmante di chi sa indagare il mondo senza filtri o sovrastrutture, ma ricercando una forza rigeneratrice che lo salva dalla sconfitta, perché galvanizzata dalla solida base di una vita ancorata con convinzione ai Valori più profondi: quello della famiglia in primo luogo, nell’ambito del quale nascono gli affetti più cari, da quello per l’adorata madre, faro anche nelle tempeste più cupe; per il nonno, che lo ha accompagnato nella conoscenza della natura e, più in generale, della vita; per la moglie Viviana, compagna insostituibile, troppo presto strappatagli da una malattia implacabile, ma sempre presente nella mente e nel cuore; per i figli ed i nipoti, che costituiscono la certezza della continuità e la proiezione verso il futuro. Ed inoltre, il Valore dell’Amicizia, della Giustizia, dell’Onestà, cui Egli ha improntato tutta la Sua vita, personale e professionale.
Carlo è consapevole del fatto che la vita ci impone sovente una sorta di bilancio che non ci è permesso di ignorare e che ci induce a fare i conti con la realtà, certamente più prosaica dei sogni, in cui, a volte, ci rifugiamo per rifuggire dallo sconforto. E sa che per giungere alla Verità occorre liberarsi degli orpelli inutili che ci impediscono di trovare “la maglia rotta nella rete che ci stringe”, di montaliana memoria (da “In Limine”); quel “buco” che ci consente di oltrepassare il confine per conquistare la salvezza dalla prigione che è il vivere quotidiano; di spiccare quel salto oltre il muro che impedisce la vita e che rappresenta il futuro e la salvezza, al di là della staticità del presente.
Ed è proprio questa consapevolezza, al fondo della quale scopriamo, nonostante tutto, un forte attaccamento alla vita, unito allo stupore che manifesta dinanzi alla bellezza – che Egli coglie, ad esempio, in un paesaggio, in un forte legame di amore e di amicizia o quando parla della propria coscienza, rimasta pulita, nonostante le “sollecitazioni” del mondo – che lo rende prezioso, consentendoci di collocarlo nella ristretta nicchia dei poeti del nostro tempo che hanno ancora qualcosa di profondo da comunicarci.
Giuseppina Leo