La pandemia minaccia i progressi compiuti sui canali di ingresso sicuri negli Stati, tramite il rilascio di permessi per motivi familiari, lavoro e studio
Un nuovo studio pubblicato oggi rivela che, nel decennio precedente la pandemia di COVID-19, grazie al rilascio di permessi per motivi familiari, di studio o attività lavorativa, 1,5 milioni di persone provenienti dai Paesi che generano il maggior numero di rifugiati, sono state accolte da 35 Paesi OECD/OCSE e dal Brasile.
Il rapporto “Safe Pathways for Refugees II”, realizzato dall’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, insieme all’OECD/OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, prende in esame le ammissioni di persone in fuga da sette Paesi: Afghanistan, Eritrea, Iran, Iraq, Somalia, Siria e Venezuela, avvenute dal 2010 al 2019.
Degli 1,5 milioni di permessi per motivi non umanitari rilasciati nell’arco del decennio in esame, 156.000 sono stati concessi nel solo 2019.
Tale cifra supera l’obiettivo annuale di 120.000 che era stato stabilito nella strategia su reinsediamento e canali complementari lanciata su scala mondiale da governi, società civile e UNHCR.
“Siamo incoraggiati dagli enormi sforzi profusi da numerosi Stati per l’ammissione di rifugiati mediante questi canali complementari e sicuri. Si tratta di canali che hanno consentito di riunire famiglie costrette a fuggire e che hanno dato ai rifugiati l’opportunità di mettere a frutto il proprio talento, le proprie capacità e competenze per contribuire alle comunità che li hanno accolti, ricostruendosi una vita”, ha dichiarato Gillian Triggs, Assistente Alto Commissario UNHCR per la Protezione.
I dati relativi al 2020 non sono ancora stati elaborati, tuttavia le due organizzazioni prevedono un calo significativo del numero di ammissioni concesse in questo periodo per effetto della chiusura delle frontiere e delle restrizioni ai movimenti di persone imposte in relazione alla pandemia di COVID-19.
“Dobbiamo impedire che il COVID-19 vanifichi gli eccezionali progressi compiuti in relazione all’ampliamento dei canali di ingesso sicuri. Sebbene non sostituiscano i reinsediamenti e le ammissioni per motivi umanitari, che offrono forme di protezione legale più solide e a lungo termine, essi rappresentano comunque meccanismi di ammissione sicuri, capaci di salvare vite umane e di cui molti rifugiati possono beneficiare”, ha affermato Triggs.
Il rapporto, inoltre, fornisce i dati relativi alle persone provenienti dai sette Paesi che generano elevati numeri di rifugiati alle quali sono stati riconosciuti lo status di rifugiato o permessi di soggiorno per motivi umanitari, e che sono state reinsediate.
Nell’arco dei dieci anni coperti dal rapporto, negli Stati OECD/OCSE e in Brasile sono state presentate quattro milioni di nuove domande di asilo da persone in fuga da questi sette Paesi. A oltre due milioni di esse, sono stati riconosciuti lo status di rifugiato o una forma di protezione sussidiaria, mentre 572.000 sono state accolte tramite i programmi di reinsediamento rivolti ai rifugiati.
Considerato che i Paesi in via di sviluppo accolgono l’85 per cento dei 26 milioni di rifugiati presenti nel mondo, uno degli obiettivi chiave del Global Compact sui Rifugiati è di incrementare il numero di reinsediamenti e la fruizione di canali sicuri per assicurare una migliore protezione alle persone costrette a fuggire e sostenere i Paesi di accoglienza.
In tale ottica di condivisione delle responsabilità su scala mondiale, l’UNHCR lancia un appello affinché un maggior numero di Paesi si impegni a reinsediare i rifugiati, incrementare la disponibilità di canali sicuri e ridurre gli ostacoli posti alle ammissioni.
Tra gli elementi che impediscono ai rifugiati di accedere a questi schemi vi sono i requisiti legati alla documentazione da presentare, le difficoltà di accesso ad ambasciate e consolati dei Paesi di destinazione, gli oneri delle pratiche, le spese di viaggio e la carenza di informazioni e assistenza.
Sebbene nella maggior parte dei Paesi esistano procedure di ricongiungimento familiare, le barriere di natura amministrativa e finanziaria limitano le possibilità di accedervi.
Numerosi rifugiati, impossibilitati a ricongiungersi ai propri famigliari tramite canali sicuri e regolari, spesso ricorrono a viaggi pericolosi, via terra o via mare, per varcare le frontiere internazionali.
La versione integrale del rapporto è disponibile qui.
Note alla redazione:
Safe Pathways for Refugees II è il secondo rapporto statistico congiunto pubblicato da UNHCR e OECD/OCSE in materia di canali complementari. Redatt6o secondo la stessa metodologia della prima edizione del 2018, quest’ultimo rapporto amplia la raccolta dati conformemente alle attuali tendenze relative alle migrazioni forzate e prende in esame due nazionalità (iraniana e venezuelana) e due Paesi di accoglienza (Colombia, il più recente Stato membro dell’OECD/OCSE, e Brasile) supplementari.
Queste nazionalità sono state selezionate sulla base di numerosi indicatori e fattori. Rappresentano oltre la metà dei rifugiati protetti dal mandato dell’UNHCR nel mondo per ciascuno degli anni coperti dalla raccolta dati considerata (2010–2019) e, inoltre, mostrano gli elevati tassi di riconoscimento dello status di rifugiato nei Paesi OECD/OCSE e in Brasile, spaziando da oltre il 50 per cento al 96 per cento nel 2019.