Il procuratore di Verbania: il ‘forchettone’, che blocca il sistema frenante in caso di emergenza, è stato inserito più volte. I tre fermati sono due dipendenti e il gestore dell’impianto della funivia
“Per quello che ci risulta il ‘forchettone’, che blocca il sistema frenante in caso di emergenza, è stato inserito più volte. Non sono in grado di dire se in maniera costante o solo quando c’erano difetti di funzionamento: sicuramente domenica non era la prima volta, questo lo hanno ammesso”. Lo riferisce il procuratore di Verbania Olimpia Bossi a poche ore dal provvedimento di fermo nei confronti di tre persone – due dipendenti e il gestore dell’impianto della funivia – accusate di omicidio colposo plurimo per la tragedia del Mottarone in cui hanno perso la vita 14 persone e un bambino è rimasto ferito.
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“La proprietà dovrebbe essere della Regione Piemonte perché non si è mai effettuato il passaggio al Comune di Stresa” sostiene il procuratore di Verbania che indaga sulla tragedia. “Sono giornate intense, ci siamo dedicati a cose più necessarie, ora stiamo acquisendo la documentazione che dovrebbe chiarire questo aspetto”.
“Sì, lo hanno ammesso” aveva detto in mattinata anche il comandante provinciale dei carabinieri Alberto Cicognani a ‘Buongiorno Regione’ su RadioTre, rispondendo alla domanda se i fermati per la tragedia del Mottarone hanno ammesso le loro responsabilità. “Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, lo hanno ammesso – ha spiegato -. C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”.
Contro i tre c’è un quadro “fortemente indiziario”, ha affermato il procuratore capo di Verbania, che ha disposto il carcere per il gestore dell’impianto della funivia del Mottarone, un ingegnere e un capo del servizio dell’impianto “persone che avevano un ruolo giuridico ed economico, cioè prendevano decisioni”.
Nel pomeriggio di ieri i carabinieri di Stresa hanno ascoltato sei dipendenti della società e per un paio di loro la posizione si è inaspettatamente aggravata, tanto da far scattare in serata le prime iscrizioni nel registro degli indagati e quindi, a sorpresa, le manette.
L’accelerazione nell’indagine arriva a 48 ore circa dal disastro ed è legata alle sicurezze crescenti degli investigatori sulle cause del disastro: se saranno dei periti a spiegare perché il cavo trainante si è spezzato, a un occhio esperto non sfugge che c’è un errore umano legato al cosiddetto ‘forchettone’, un componente in metallo che serve a tenere aperte le ganasce dei freni e va tolto quando la cabina è in funzione perché altrimenti impedisce la frenata in caso di emergenza.
Una presenza che spiega perché la cabinovia è precipitata nel vuoto per circa 20 metri, ma non perché la fune trainante si è spezzata. La manutenzione dell’impianto, ossia “i controlli giornalieri e settimanali previsti dal regolamento e dal manuale d’uso” dell’impianto spetta alle ‘Ferrovie del Mottarone’ e i tecnici che lavorano per garantire la sicurezza sono i primi a finire nel mirino degli inquirenti dopo l’incidente. I fermi cozzano, però, con l’intenzione del procuratore di procedere con cautela nelle iscrizioni degli indagati e che potrebbe essere legata a una responsabilità che andrebbe oltre l’errore umano.
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Sulla tragedia della funivia del Mottarone “è una fase troppo delicata, preferisco non rilasciare dichiarazioni”. Lo afferma all’Adnkronos Annamaria Possetti, difensore di Gabriele Tadini, dipendente della società funivie del Mottarone indagato dalla procura di Verbania per l’incidente in cui domenica 23 maggio hanno perso la vita 14 persone.
Lui insieme a Enrico Perocchio e al gestore dell’impianto Luigi Nerini devono rispondere di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Sarebbero stati consapevoli del malfunzionamento del sistema frenante della cabina della funivia ma avrebbero deciso, volontariamente, di non intervenire per evitare ulteriori interruzioni del servizio. La scelta di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione, ha causato il crollo della cabina dopo che il cavo trainante si è spezzato per cause ancora in fase di accertamento.
Al termine del lungo interrogatorio Tadini è stato portato, in stato di fermo, in carcere a Verbania dove verrà ascoltato dal gip che deve convalidare la misura disposta dal procuratore Olivia Bossi.