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Home»CULTURA E SPETTACOLO»Debutta “Svegliami”, atto unico di Michele Santeramo diretto da Roberto Bacci, riflessione su un mestiere prezioso: il teatro
CULTURA E SPETTACOLO

Debutta “Svegliami”, atto unico di Michele Santeramo diretto da Roberto Bacci, riflessione su un mestiere prezioso: il teatro

Marina PellitteriBy Marina Pellitteri9 Febbraio 2022Nessun commento6 Mins Read
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www.teatroera.it

11 – 13 febbraio | Teatro Era

(ore 21, domenica ore 17)

Fondazione Teatro della Toscana – CSRT

SVEGLIAMI

con Elisa Cuppini, Maurizio Donadoni, Francesco Puleo

atto unico di Michele Santeramo

regia e spazio scenico Roberto Bacci

costumi Elena Bianchini

oggetti di scena Daniela Giurlani

musiche Ares Tavolazzi

luci Orlando Bolognesi

realizzazione costumi Laboratorio d’Arte del Teatro della Pergola

allestimento Stefano Franzoni, Fabio Giommarelli, Sergio Zagaglia

collaborazione tecnica Andrea Berselli

sarta Chiara Fontanella

assistente alla regia Silvia Tufano

immagine locandina Walter Sardonini

foto di scena Marco Caselli Nirmal

parrucche Audello Teatro

collaborazione Associazione culturale Aperta

si ringraziano Augusto Timperanza, Francesca Della Monica e Marcio Medina

Durata: 60 minuti.

Una riflessione su un mestiere prezioso, il teatro, che ci offre l’occasione di sembrare vivi, e poi di provare a esserlo davvero.

Da venerdì 11 a domenica 13 febbraio (ore 21, domenica ore 17), al Teatro Era di Pontedera, va in scena Svegliami, l’atto unico scritto da Michele Santeramo e diretto da Roberto Bacci, con protagonisti Elisa Cuppini, Maurizio Donadoni, Francesco Puleo.

I costumi sono di Elena Bianchini e sono stati realizzati dal Laboratorio d’Arte del Teatro della Pergola. Gli oggetti di scena sono di Daniela Giurlani, le musiche di Ares Tavolazzi, le luci di Orlando Bolognesi.

Una produzione Fondazione Teatro della Toscana – CSRT.

Spiega il regista Roberto Bacci: «Oggi il Teatro sembra sempre più ritirarsi dietro la “quarta parete” per trasformarsi in Spettacolo piuttosto che proseguire con i propri strumenti alla ricerca delle domande sull’Uomo. Svegliami vuole essere un richiamo artistico e filosofico alla tradizione dei Maestri del ‘900, una forma di resistenza nei confronti di coloro che chiedono all’arte teatrale di uniformarsi allo spirito dei tempi.

La lezione dei grandi Maestri del secolo scorso, che avevano aperto nuove prospettive per il lavoro dell’attore e per la relazione con lo spettatore è pressoché dimenticata. È come se la storia delle grandi rivoluzioni culturali e teatrali del secolo scorso si stia trasformando in Restaurazione: cioè in un sistema dello Spettacolo utile a produrre consenso. Dallo “spettatore” come interlocutore privilegiato di un dialogo con l’attore, siamo tornati all’ applauso di un pubblico indifferenziato sul modello televisivo.

Svegliami indaga, oltre che il confronto tra Teatro e Spettacolo, anche le scelte che lo spettatore, in quanto individuo, è chiamato a fare ogni giorno nella propria vita tra la cosiddetta realtà, così come ci appare, ed una possibile “verità” da ricercare dietro le apparenze. Svegliami ci interroga sul “ruolo” che ognuno di noi accetta di rappresentare nella vita, il “personaggio” con cui ci si identifica e la “persona” (l’io sono) che dobbiamo conquistare per poter Essere.

Nel Teatro, in cui i “ruoli”, i “personaggi” e le “persone” prendono vita professionalmente sulla scena, è possibile costruire lo specchio più adatto per osservare noi stessi, distratti nella vita quotidiana, con la necessaria crudeltà. Così in un Teatro alla ricerca di domande, l’attore e lo spettatore possono togliersi per qualche momento la maschera e rivolgersi reciprocamente la preghiera: Svegliami!».

Sottolinea il drammaturgo Michele Santeramo: «Questa è la storia di una famiglia. Moglie, marito, suo fratello, ciascuno nel suo ruolo da dover interpretare, difendere, recitare. Il ruolo di cui bisogna essere all’altezza. Una famiglia affogata nei rancori e nella ripetizione. I cui rapporti interni sono fatti di odio ben piantato, profondo. Di sopportazione, di violenza portata alla necessità dell’omicidio. Le presenze sono troppo ingombranti e quando diventa impossibile vivere bene, quando le persone che vedi ogni giorno sono quelle che sei costretto a vedere ogni giorno, allora le reazioni possono essere estreme.

Questi tre non sono soltanto costretti a stare insieme dai legami di sangue. Lo sono anche perché con-dividono lo stesso lavoro. Si sopportano ogni giorno e ogni notte, al lavoro e nelle pause. Sono teatranti: una compagnia di giro sotto le direttive di uno di loro, convinto che il teatro sia ancora il posto nel quale, a cercar bene, si possa trovare qualcosa di vero.

Finché ci sarà ruolo ci sarà ripetizione, finché ci sarà abitudine non ci sarà sorpresa, e le giornate continueranno ad apparire come nuvole di sogno, nelle quali affogare dormendo. Svegliami è un urlo col quale si tenta di prendere vita».

Ragiona lo scrittore Augusto Timperanza: «Se ciascuno di noi guardasse con un minimo di obiettività lo svolgimento della propria esistenza, innanzitutto, e poi quella di tutti coloro che lo attorniano quotidianamente, dovrebbe arrivare alla penosa conclusione che, nella vita, interpretiamo un ruolo, come attori di teatro, ma, in più, senza la coscienza di recitare. Pensando che ciò di cui ci preoccupiamo, in cui crediamo, le cose che facciamo, siano davvero importanti e degne di ogni considerazione. Ce la prendiamo persino col tempo metereologico che ci vuole rovinare il nostro week-end; con le altre persone che ci occupano l’autostrada davanti a noi, obbligandoci a insopportabili code e facendoci arri-vare in ritardo al lavoro o a un appuntamento molto importante (solo per noi).

In quale realtà continuiamo a credere di vivere? Qualcosa che ci attraversa inconsapevolmente, mentre continuiamo a ripetere per anni gli stessi atti, a esprimere gli stessi giudizi, reputando per vero ciò che non lo è; giustificando pienamente la frase evangelica: lasciate che i morti seppelliscano i morti. E, di fronte al fenomeno chiamato morte siamo talmente impreparati, dopo migliaia di anni che lo si constata, da piangere sopra qualcosa che non è più l’uomo di prima, ma soltanto un cadavere senza vita, personalità, carattere individuale: una specie di manichino di carne e ossa.

La catena di montaggio alla quale siamo ammanettati non era soltanto quella industriale: è una catena psichica che ci lega a comportamenti stereotipati, al pensiero unico, alla morale, all’illusione, al sogno di una vita che si dissolverà, un giorno, come le nuvole nel cielo. Mentre il sole di una vita reale continuerà a risplendere invano, e la sua forza ad essere utilizzata solo da piante e animali.

Ma per nostra fortuna, c’è nel nostro organismo un meccanismo psichico che ci impedisce di vedere chiaramente le cose come stanno realmente, costringendoci solo ad immaginarle come vorremmo che fossero. Un’illusione che ci impedisce, con la sua portata, di cadere nella disperazione più completa e, con la forza che sospinge le maree, ci costringe a credere di vivere la realtà dell’esistenza.

Osservarsi spietatamente sarebbe svegliarsi dalla ripetizione, dalla recita, dall’inutile, ma purtroppo avremmo bisogno di una seconda forza esterna che però, anche quando interviene per farlo, non riconosciamo mai”.

Parco J. Grotowski – Via Indipendenza, s.n.c. Pontedera (PI)

Tel. 0587.213988

Aperta dal martedì al sabato, ore 16 – 19.

Acquisto biglietti online su www.teatroera.it.

—

Matteo Brighenti

Ufficio stampa e Social

Fondazione Teatro della Toscana

055 2264347 – 378 3022336
stampa@teatrodellapergola.com

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Marina Pellitteri

Marina Pellitteri direttore responsabile ed editore Aletheia Online

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