E’ stato uno dei grandi rebus degli archeologi almeno fino al 2016, quando fu scoperto il sito del teatro ellenistico della Valle dei Templi di Agrigento. La comunità internazionale riversò la sua attenzione su Agrigento e due ulteriori campagne di scavo sono riuscite a portare alla luce una parte del monumento. Poi un lungo stop, in parte dovuto alla pandemia che ha bloccato i siti e le attività culturali. Oggi finalmente si riapre il cantiere di scavo e riparte il lavoro degli archeologi che nel corso di questi ultimi anni hanno catalogato e studiato i primi reperti rinvenuti, alcuni splendidi. Una prima tranche di progetto di 200 mila euro finanziato dal Parco, che durerà sei mesi e mira a portare alla luce l’edificio monumentale, che, affacciandosi sul palcoscenico naturale della collina dei templi, costituiva l’ingresso scenografico all’area pubblica della città ellenistico-romana. E sarà un “cantiere aperto” con la possibilità di seguire gli scavi in un’area che è rimasta finora interdetta al pubblico.
La nuova campagna che si è aperta oggi – alla presenza dell’assessore regionale ai Beni culturali Alberto Samonà, del sindaco di Agrigento Franco Miccichè, degli assessori alla Cultura Costantino Ciulla e alle Pari Opportunità Roberta Lala, del presidente del Consiglio comunale Giovanni Civiltà; del direttore della Valle dei Templi Roberto Sciarratta, che dirigerà i lavori insieme alle archeologhe del Parco, Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello, Maria Serena Rizzo – permetterà di indagare la parte centrale e meridionale del teatro, sperando che l’interramento abbia mantenuto le strutture in un migliore stato di conservazione.
“Sono felice di essere testimone della ripresa di una campagna di scavi tra le più attese – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – che consentirà di riportare alla luce il teatro ellenistico di Akragas, la cui proverbiale monumentalità genera nel mondo scientifico un’aspettativa carica di emozione. E’ stata tra le scoperte archeologiche più significative degli ultimi anni che aggiunge un altro importante tassello alla ricostruzione dell’antica Agrigento, definendo ancora meglio la struttura e il contesto delle grandi città siciliane dell’antichità. Il Governo regionale punta molto sulla ripresa dei cantieri di scavo, consapevole che l’unicità della Sicilia sta nella forza della sua storia, nella grandezza dei monumenti e nella bellezza della natura che rende ogni esperienza unica e irripetibile”. L’assessore ha annunciato che la Regione interverrà per far poi proseguire i lavori di scavo, una volta completato questo primo progetto.
“Si lavorerà in completa sicurezza, per un’area molto estesa, coinvolgendo i visitatori, che potranno seguire gli scavi – spiega il direttore del Parco archeologico Valle dei Templi, Roberto Sciarratta -, un “cantiere aperto” che ospiterà anche momenti didattico – divulgativi. Alle ricerche parteciperà anche l’archeologo Luigi Caliò, dell’Università di Catania: secondo la Convenzione scientifica stipulata con il Parco della Valle dei Templi, gli studenti potranno partecipare a tirocini durante la campagna di scavo”. Sono già previste delle visite condotte dalle archeologhe che permetteranno di approfondire il lavoro del cantiere.
IL TEATRO ELLENISTICO DELLA VALLE DEI TEMPLI
E’ stato uno dei grandi rebus degli archeologi che si sono interrogati a lungo e avevano avviato numerose campagne di scavo per individuare il luogo dove il monaco domenicano Tommaso Fazello a metà Cinquecento, asseriva di aver visto i resti appena riconoscibili delle fondazioni di un imponente edificio teatrale, un tempo altissimo, non lontano dalla chiesa di San Nicola. Intorno agli anni Venti del secolo scorso iniziarono le ricerche, finanziate dal mecenate inglese Alexander Hardcastle, che impiegò tutti i suoi beni (e la sua vita) negli scavi alla Valle dei Templi: nulla di fatto, e neanche il soprintendente Pietro Griffo, vent’anni dopo, sarebbe riuscito ad individuare il sito, ma scavi posteriori permetteranno di portare alla luce i resti monumentali dell’agorà della greca Akragas e del foro della romana Agrigentum. Mancava però il teatro. Soltanto nell’estate del 2016 il team di ricercatori composto dalle archeologhe del Parco della Valle dei Templi, del Politecnico di Bari e dell’Università di Catania, riesce ad identificare il sito, dopo un’accurata rilettura complessiva dell’urbanistica e della città antica. Il Fazello, dunque, aveva ragione: il teatro costituiva la quinta monumentale dell’agorà, non lontano, appunto, dalla chiesa di San Nicola. Da questa prima scoperta si avviano indagini preventive – condotte in collaborazione con l’Università del Molise, il CNR e l’Università Kore di Enna – per due campagne di scavo, tra il 2016 ed il 2018, che porteranno alla luce parte del monumento. La prima ad essere individuata è la summa cavea (la parte più alta dell’anfiteatro in cui prendeva posto la plebe, mentre senatori e ceti equestri sedevano rispettivamente nell’ima cavea rivestita in marmo e nella media cavea), quasi del tutto distrutta. Via via che andavano avanti gli scavi, è emerso un sistema di camere cieche e contigue a forma trapezoidale, che seguivano il muro curvo e sostenevano la gradinata. Al centro, sempre all’altezza della summa cavea, uno stretto passaggio collegava l’agorà al teatro, che sfruttava l’andamento del terreno. I saggi hanno portato alla luce una parte dei gradini dell’anfiteatro, e il muro di contenimento della cavea, ma rimangono ancora da indagare la parte centrale e meridionale dello spazio, la situazione del koilon (la gradinata), e dell’orchestra rispetto alla scena.
Il team di archeologhe del Parco Valle dei Templi ha comunque appurato due distinte fasi del teatro di Agrigento: una più antica tra il IV-III a.C., con un edificio più piccolo (circa 70 m di diametro), che sarebbe stato ampliato nella seconda fase, intorno al II secolo a.C., alla fine della seconda guerra punica. Il nuovo spazio poggiava sul lato settentrionale ed occidentale sul sistema di camere trapezoidali, tornato alla luce: un theatron di circa 95 m di diametro, sul fronte meridionale della piazza pubblica che guardava alla Valle dei Templi, vero ingresso scenografico alla città ellenistica. Il lavoro delle studiose ha mirato al coinvolgimento della comunità agrigentina che, fino a questi ultimi anni e sulla scia delle recenti scoperte, sembra aver riscoperto il suo rapporto con la Valle. La grande eco mediatica sulla scoperta ha risvegliato l’amor proprio dei cittadini che hanno seguito lo sviluppo dei cantieri con una sorta di “solidale simpatia”, un’inversione di tendenza rispetto al passato in cui il Parco era soltanto un freno allo sviluppo urbano della città. Il “cantiere aperto” ha poi fatto il resto: il pubblico – appassionati e semplici curiosi, comunque coinvolti – ha avuto la possibilità di seguire da vicino i saggi in corso, e gli archeologi a turno sui social hanno informato su lavori e scoperte. Con il progetto di educazione al patrimonio Nea Akragas, lo scavo si è trasformato in una straordinaria opportunità formativa per gli studenti degli Istituti superiori che hanno partecipato a progetti di alternanza scuola-lavoro, affiancando gli esperti nello scavo, gioendo con loro per ogni reperto, scoprendo tecniche e procedure.