Ragazza, madre, morta sul lavoro a Montemurlo (Prato), il cordoglio e la rabbia della Cgil. Beneforti (Cgil Toscana): “Urge un’assunzione di responsabilità collettiva, la sicurezza è non sia considerata un costo ma un investimento prima di tutto sulla vita”. Orlandi (Coordinamento Donne Cgil Toscana): “Ingiusto e insopportabile morire così”
Firenze, 3-5-2021 – Morte sul lavoro di una ragazza, madre, in un’azienda tessile a Montemurlo (Prato), Gessica Beneforti di Cgil Toscana e Barbara Orlandi (Coordinamento Donne Cgil Toscana) esprimono cordoglio e rabbia: “Inaccettabile”.
Beneforti: “Una tragedia del lavoro, una tragedia umana che ci sconvolge. Non essere riusciti a fare abbastanza per evitarla ci dilania come sindacato e come persone. Di nuovo siamo a chiedere una più incisiva assunzione di responsabilità collettiva, a partire dalle azioni delle istituzioni e degli organi a cui compete il dovere di indirizzo, vigilanza, controllo e sanzione, e dalla necessità di contrastare con forza l’idea sempre più marcata che la sicurezza sia un costo e non un investimento prima di tutto sulla vita”.
Orlandi: “Morire a 23 anni di lavoro e lasciare una piccola creatura. Morire dentro l’ingranaggio dell’orditoio, quella macchina che permette di preparare la struttura verticale della tela che poi costituirà la trama del tessuto, appunto l’ordito, dal quale deriva il termine ordire. Possiamo davvero assumerci la responsabilità di una cospirazione, tanto è ingiusto e insopportabile morire di lavoro. Morire di lavoro a 23 anni, in una azienda e per colpa di un macchinario, sembra di raccontare una realtà diversa da quella che dipingono i nostri e le nostre giovani svogliati, insofferenti, disadattati e stanchi. C’è chi lavora e quel lavoro se l’è portata via. La responsabilità di far morire di lavoro riguarda tutti e tutte noi. Non è sfortuna, non è sventura e non è neanche solo colpa di tutti quei soggetti preposti a salvaguardare la salute e la sicurezza di chi lavora. Riguarda la responsabilità collettiva di tollerare la superficialità e l’incuria, di non accanirsi abbastanza per il rispetto delle regole, degli orari di lavoro, dell’accurata manutenzione delle strumentazioni dei macchinari, sempre e comunque. Perché le tragedie accadono e allora, solo in queste circostanze, pensiamo a come avremmo potuto evitarle. Un affettuoso saluto alla giovane lavoratrice, un abbraccio ai suoi genitori e alla sua piccola bimba, promettendole di non stancarci mai di vigilare sulla sicurezza di chi lavora”.