La decisione del Tribunale di Milano, l’indagine si concentra anche sul presunto ricorso a manodopera in nero. La società: “Collaboreremo con la massima trasparenza”
Il tribunale di Milano (Sezione misure di prevenzione) ha disposto l’amministrazione giudiziaria per la Giorgio Armani operations spa, società che si occupa della produzione di abbigliamento e accessori del colosso della moda. L’indagine, dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone e dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del lavoro, si concentra su un presunto sfruttamento del lavoro, attraverso l’utilizzo negli appalti per la produzione di opifici abusivi e il ricorso a manodopera cinese in nero.
L’azienda operante nel settore dell’alta moda sarebbe ritenuta “incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo” nel ciclo produttivo “non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato” spiegano gli investigatori. Nello specifico contesto, “si è potuto accertare – si legge nella nota dei carabinieri – che la casa di moda affidi, attraverso una società in house creata ad hoc per la progettazione, produzione e industrializzazione delle collezioni di moda e accessori, mediante un contratto di fornitura, l’intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi”.
Il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano, a partire da dicembre 2023, ha trovato quattro opifici irregolari nei quali sono stati identificati 29 lavoratori di cui 12 occupati in nero e 9 anche non in regola sul territorio nazionale.
Un “sistema” che consente di “produrre volumi di decine di migliaia di pezzi, a prezzi totalmente sotto soglia da eliminare la concorrenza”, sfruttando alla base della filiera manodopera irregolare, in nero e con paghe da fame, che mangia e dorme in “condizioni degradanti” in capannoni fatiscenti.
dormitorio. E ha messo a verbale che Manifatture Lombarde srl, società appaltatrice dei lavori Armani, “non ha un reparto produzione” e non potendo “evadere le commesse” esternalizzava “le lavorazioni” ai “sub-committenti”. La Spa, scrivono i giudici, ha “effettuato” un “unico audit” sulla Manifatture Lombarde e “non ha accertato” che la “società appaltatrice non ha un reparto produzione”. Per il Tribunale si tratta di un sistema “generalizzato e consolidato” alla GA operations, che “si ripete, quantomeno dal 2017” e i pm, che hanno già indagato su importanti aziende nei settori della logistica e della vigilanza, parlano di “normalizzazione della devianza”. Tra l’altro, uno degli imprenditori cinesi ha stilato davanti agli investigatori un elenco di altri grandi nomi della moda per cui il suo opificio ha prodotto cinture in “sub appalto”. Roia, intanto, suggerisce l’avvio di “un tavolo” con la Prefettura “che consenta in via ulteriormente preventiva di cogliere le criticità operative degli imprenditori” della moda, “settore di mercato di particolare rilevanza per il sistema economico nazionale”.
Uno “schema” diffuso tra “le case di moda” su cui ha iniziato ad indagare la Procura di Milano, tanto che oggi, dopo un primo risultato dei mesi scorsi (il commissariamento della Alviero Martini Spa), è arrivata ad ottenere l’amministrazione giudiziaria per una delle società del gruppo Armani.