“La bassa imposizione fiscale sulle imprese è il fondamento delle strategie di crescita di molti governi e questo sistema distorto, che alla fine favorisce i più ricchi, va riportato a condizioni di equità e giustizia”.
Firenze 07.06.2021.- “Una delle principali cause della disuguaglianza nel mondo è la concorrenza fiscale e la corsa al ribasso nella tassazione delle imposte globali. La forbice tra chi é ricco e povero si sta allargando ulteriormente, 62 individui posseggono una ricchezza pari a quella della metà più povera della popolazione, oltre 3,5 miliardi di persone. Per ridurre la disuguaglianza e la miseria i governi possono ricorrere a sistemi fiscali per far pagare adeguate tasse a chi ha alti profitti, in modo da spenderli in beni e servizi pubblici. Negli ultimi 25 anni i profitti netti dichiarati dalle più grandi imprese mondiali sono triplicati. Il primo accordo raggiunto dai Ministri dell’economia G7, che dovrà essere approvato dai Parlamenti Nazionali, prevede una tassazione globale sulle multinazionali del 15%, un primo passo in avanti, ma completamente insufficiente.
Resta poi l’incognita dei tempi di attuazione, visto che alcuni paesi Europei hanno costruito le loro “fortune” sulla bassa tassazione alle multinazionali. La bassa imposizione fiscale sulle imprese è il fondamento delle strategie di crescita di molti governi e questo sistema distorto, che alla fine favorisce i più ricchi, va riportato a condizioni di equità e giustizia. Le imposte sui redditi d’impresa generano entrate indispensabili per mantenere servizi pubblici fondamentali come scuole, ospedali, e più in generale la cosa pubblica. Sono cruciali per migliorare il welfare nazionale e riequilibrare le economie. Complessivamente le 500 società che fanno parte della classifica di Fortune, hanno all’estero 2,6 trilioni di dollari. L’Italia perde ogni anno almeno 6,5 miliardi di euro di entrate, che finiscono nelle casse dei Paesi che favoriscono una gestione fiscale allegra. Inoltre, in Italia l’evasione fiscale supera i 110 miliardi. Il futuro passa per il debito pubblico e l’intervento pubblico. Per la prima volta l’Unione Europea, che é assolutamente neoliberista e non consente l’intervento pubblico, ha deciso di indebitarsi per finanziare i piani di ripresa e resilienza, ma stanno già di nuovo chiedendo che si ritorni all’austerità. Infine, la geografia produttiva sarà cambiata dal recovery, con il rischio che si accentuino ulteriori differenze tra nord e sud Europa e tra nord e sud nel nostro paese. Una transizione di questa portata necessita di essere accompagnata da riforme: sono necessari adeguati ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori, va abbassata la tassazione sul lavoro dipendente e vanno aumentati i redditi, va riformato il sistema fiscale e bisogna che si ritorni al diritto del lavoro. I grandi studiosi della teoria della precarietà che doveva garantire i massimi livelli occupazionali hanno inesorabilmente fallito, la stessa classe dirigente é difficile che pensi a soluzioni diverse. Bisogna lottare per costruire le condizioni di miglior tutela e sicurezza dei lavoratori, per un’Europa sociale e contro ogni sfruttamento, perché senza diritti nel mondo del lavoro non potrà mai esistere nessuna transizione dell’economia e nessuna modernizzazione”.
Massimo Braccini, segretario generale Fiom Cgil Toscana