Andranno a processo i quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso cinque anni fa in Egitto. A deciderlo al termine dell’udienza preliminare il gup Pierluigi Balestrieri accogliendo la richiesta della Procura di Roma. La prima udienza è fissata per il 14 ottobre.
In aula erano presenti i genitori di Giulio Paola Deffendi e Claudio Regeni accompagnati dal loro legale l’avvocato Alessandra Ballerini. I quattro agenti della National Security che andranno a processo sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Al rinvio a giudizio si è arrivati dopo che il gup ha respinto l’eccezione sollevata dalle difese sull’assenza degli imputati, evidenziando come “la copertura mediatica capillare e straordinaria ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio”.
Il legale della famiglia Regeni
“Paola e Claudio dicono spesso che su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani, da oggi abbiamo la fondata speranza che almeno il diritto alla verità non verrà violato” dice l’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, al termine dell’udienza preliminare a Roma. “Ci abbiamo messo 64 mesi. Ma è un buon traguardo e un buon punto di partenza”.
Procura di Roma
Dalla Procura di Roma trapela soddisfazione per la decisione del gup di rinviare a giudizio i quattro 007 egiziani. Il pm Sergio Colaiocco nel chiedere il rinvio a giudizio degli agenti della National Security, secondo quanto si apprende, ha sottolineato come si apra ora “una nuova sfida” che il processo comporterà e cioè quella di ottenere che tutti i testimoni, soprattutto quelli egiziani, vengono a riferire di nuovo davanti alla Corte d’Assise quanto hanno già detto nel corso delle indagini. Un fatto non scontato soprattutto considerati gli attuali rapporti con la procura generale del Cairo considerato che quest’ultima dopo il comunicato congiunto di novembre in cui manifestavano “rispetto” per le indagini italiane hanno a dicembre reso pubblico un loro provvedimento, dove “escludono che i sospetti nei confronti degli indagati siano fondati” e che “la procura italiana ha occultato le prove che potevano essere utili all’indagini egiziane”.
Sarà quindi una nuova sfida quella di arrivare ad una sentenza di colpevolezza se non si riuscirà a far arrivare i testimoni in Italia. Ma, come sottolineano da piazzale Clodio, nel corso delle indagini è “divenuto possibile l’impossibile” e anche nella fase dibattimentale si lavorerà affinché “l’impossibile accada di nuovo”.