La rottura della fune trainante della funivia del Mottarone, per cause ancora da accertare, ha fatto sì che la cabina numero 3 in prossimità della stazione finale di Mottarone, “invece di arrestarsi sospesa alla fune portante come avrebbe dovuto fare, se fossero stati rimossi i forchettoni rossi cosiddetti blocca freni, iniziava a scivolare all’indietro, scendendo a folle velocità verso valle, in direzione Stresa, località Alpini e, dopo aver raggiunto il pilone numero 3 della tratta Alpino-Mottarone, si sganciava dalla fune portante, schiacciandosi a terra e rotolando a valle sul pendio fortemente scosceso, fino a quando impattava contro un albero”.
Un incidente che ha comportato la “morte immediata sul posto per politraumatismo contusivo-fratturativo con emorragia” di 13 turisti a bordo, il piccolo Mattia di 6 anni è morto alle 19.15 di domenica 23 maggio all’ospedale Regina Margherita di Torino dove è ricoverato l’unico sopravvissuto della tragedia. E uno dei passaggi del decreto di fermo emesso nei confronti di tre indagati dalla procura di Verbania.
E ancora: la “condotta sconsiderata” di Luigi Nerini gestore della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini caposervizio responsabile dell’impianto ed Enrico Pericchio ingegnere e consulente esterno tutti in stato di fermo in carcere a Verbania, “ha determinato” la morte di 14 persone e lesioni gravissime di un bambino di 5 anni che “comporteranno in caso di accertato riconoscimento della relativa responsabilità penale l’irrogazione di una elevatissima sanzione detentiva”.
Il provvedimento di fermo si basa sul pericolo di fuga, possibilità che la procura ritiene possibile “in considerazione dell’eccezionale clamore anche internazionale per la sua intrinseca drammaticità, che diverrà sicuramente ancora più accentuato al disvelarsi delle cause del disastro”. Per gli inquirenti, dunque, la decisione di far aprire le porte del carcere si rende necessario perché “sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi elle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate”, si spiega nel fermo di indiziato di delitto.
“Tadini bloccava freni con avallo Perocchi e Nerini”
Gabriele Tadini “ha ammesso di aver deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni) durante il normale servizio di trasporto passeggeri, in tal modo disattivando il sistema frenante di emergenza destinato a entrare in funzione ed arrestare la corsa della cabina della funivia in caso di pericolo ed in particolare di improvvisa rottura della fune trainante”, si legge ancora uno dei passaggi del decreto di fermo.
Una scelta che ha come fine quello di “ovviare ai problemi da tempo manifestatisi al regolare funzionamento del sistema frenante; condotta di cui erano stati ripetutamente informati tanto il Perocchi quanto il Nerini, che avvallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il temporaneo fermo dell’impianto, con conseguenti ripercussioni di carattere economico”. Luigi Nerini l’amministratore unico delle Ferrovie del Mottarone che gestisce l’impianto della funivia, Gabriele Tadini caposervizio responsabile dell’impianto ed Enrico Pericchio ingegnere e consulente esterno sono in stato di fermo con l’accusa di omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e omissioni di cautele.
Leitner si costituirà parte civile
Leitner si costituirà parte civile nel procedimento giudiziario sulla tragedia accaduta domenica sulla funivia Stresa-Mottarone e gli eventuali risarcimenti saranno devoluti alle famiglie delle vittime. Lo annuncia una nota dell’azienda.
“La manomissione degli impianti di sicurezza che ha portato alla tragica morte di 14 persone – commenta Anton Seeber, presidente di Leitner – è un atto gravissimo. L’utilizzo dei cosiddetti forchettoni è espressamente vietato con persone a bordo. Da oltre 75 anni impianti a fune prodotti dalla nostra società – continua Seeber – trasportano ogni giorno milioni di persone in tutto il mondo: la sicurezza è sempre stata al primo posto in ogni nostra attività, una prassi che ha consolidato il trasporto a fune come tra i mezzi di trasporto più sicuri”.
“Per tutelare l’immagine dell’azienda, dei suoi collaboratori e di tutto il settore abbiamo perciò deciso che ci costituiremo parte civile nel procedimento contro i responsabili che verranno individuati dalla magistratura. Eventuali risarcimenti verranno devoluti alle famiglie delle vittime di questa tragedia”, aggiunge Seeber.