Lotta allo sfruttamento lavorativo nel settore moda, siglata intesa tra Confindustria e Filctem Cgil-Femca Cisl-Uiltec Uil Firenze. “La Regione potenzi i sistemi ispettivi e gli interventi interforze”. Tra le proposte: forme di collaborazione pubblico-imprese sulle filiere per la legalità e l’emersione delle irregolarità. Appello alle istituzioni a sostenere la presa in carico sociale delle vittime di sfruttamento con la creazione di percorsi di reinserimento
Firenze, 9 novembre 2021 – “L’illegalità nelle condizioni di lavoro, nonostante gli sforzi di parti sociali e istituzioni, trova ancora spazi nel nostro territorio. Vanno combattute con sempre maggior vigore le potenziali situazioni che possano essere elusive dei diritti delle persone e producano concorrenza sleale nel sistema economico, arginando possibili infiltrazioni della criminalità organizzata”: è l’assunto alla base di un “avviso comune” sul contrasto allo sfruttamento lavorativo nel settore moda siglato da Confindustria Firenze sezione Moda e Filctem Cgil – Femca Cisl – Uiltec Uil. I firmatari attraverso questa intesa chiedono alla Regione “un incremento di risorse da destinare al sistema di controlli”, allargando il progetto “Lavoro sicuro” affinché diventi la norma (“la prassi del coordinamento degli interventi interforze va rilanciata e generalizzata”). Si chiede alla Regione anche di farsi capofila a livello nazionale (rispetto a Governo ed enti locali) per un tavolo di confronto sul tema, di farsi portatrice della necessità di potenziare la dotazione degli enti ispettivi e di costruire forme di sinergia tra i controlli pubblici e i sistemi di tracciabilità delle aziende.
Al contempo, le imprese si impegnano a rafforzare ulteriormente, nel rapporto coi fornitori, la tracciabilità degli stessi e delle catene di fornitura oltre al rispetto delle leggi e dell’applicazione dei Contratti nazionali, garantendo una remunerazione agli operatori della filiera che consenta sostenibilità economica. Inoltre, di fronte a violazioni riscontrate dai controlli pubblici in una singola azienda, le aziende committenti si impegnano al ripristino della legalità e, ove questo sia impossibile, allo spostamento dei volumi produttivi in condizione di regolarità, oltre alla ricollocazione della forza lavoro vittima di sfruttamento attraverso percorsi di reinserimento pubblici.
L’avviso comune si basa sull’idea che, oltre alla lotta all’illegalità e al non rispetto delle regole, servano politiche di sostegno che favoriscano l’emersione del lavoro irregolare. In caso di una ispezione degli enti di controllo irregolare che porti alla luce lavoro irregolare, questo va riportato dentro filiere che, mantenendone i volumi sul territorio, producano sviluppo e lavoro regolare. Più controlli, più sostegno all’emersione e al reinserimento lavorativo.
Non a caso un elemento portante dell’intesa sottoscritta è, inoltre, la presa in carico delle vittime di sfruttamento con conseguenti percorsi di reinserimento. La denuncia comporta spesso, oltre alla perdita del lavoro e quindi della fonte di sostentamento, anche alla perdita della casa e del permesso di soggiorno. “E’ indispensabile che la Regione e gli enti territoriali sostengano le vittime che denunciano”, si legge nell’intesa. Come? “Organizzando risposte ai bisogni più urgenti come domiciliazione, beni di prima necessità e continuità di reddito, in collaborazione con enti e Ong locali; prevedendo la formazione per il reinserimento lavorativo; attivando convenzioni con associazioni e sindacati per la tempestiva presa in carico dei lavoratori in termini di diritti e tutele individuali, dalle pratiche di attivazione degli ammortizzatori sociali alla richiesta di spettanze; verificando, con le Procure, la possibilità di usare lo strumento del permesso temporaneo per motivi di protezione sociale”.